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Una Antigone apolitica? Massimiliano Civica e la scelta di non scegliere

di Altre Velocità

La si ama o la si odia, si muore con lei o la si condanna a morte: quello di Antigone è un mito che da sempre crea divisione, sia all’interno della trama che tra gli spalti. E si è infatti diviso il pubblico di Massimiliano Civica con Antigone, andato in scena dal 16 al 19 gennaio presso l’Arena del Sole.
Alla fine dello spettacolo, sono stati intervistati 13 spettatori in modo molto informale. L’età media degli intervistati era di 26 anni: un pubblico molto giovane, ma anche molto esigente. Quasi tutti venuti per l’Antigone di Sofocle, non per quella di Civica.

La maggior parte di loro, studenti e attori filodrammatici, è infatti stata persuasa a vedere lo spettacolo dalla promessa di una nuova, inedita Antigone, ritradotta per l’occasione dello stesso Civica.
In effetti, Antigone è un testo che ancora non ha perso il suo fascino e che viene spesso riproposto, negli ultimi tempi, proprio perché molto vicino ai temi della politica attuale. Quello che non si aspettavano era però la differenza determinante che la regia di Civica avrebbe avuto sull’insieme, trovandosi di fronte ad una scena semplice, assolutamente neutrale, quasi da recita scolastica.

Simona, spettatrice di 34 anni, commenta: «Qualcosa forse è andato storto: se il testo (e la sua nuova traduzione) erano davvero la principale attrattiva dello spettacolo, il regista avrebbe dovuto valorizzarlo di più. Non c’è stata catarsi, solo una regia “vacillante” a causa della scelta di Civica di non aver scelto».

Silvia, 19 anni, scrive: «Non ho mai visto l’Arena del Sole così spoglia, scarna. Eppure la scena, così allestita, aveva il suo perché: la scelta di non usare la musica, di tenere fissa la luce su quel quadrato che delimitava lo spazio scenico, ogni aspetto di queste scelte registiche sembrava voler mettere in risalto il ruolo degli attori e la loro recitazione. Tutto lo spettacolo sembrava volersi basare su quello, eppure, al tempo stesso, sembrava che gli attori non fossero in grado di reggere questo carico, forse eccessivo, di responsabilità».

Leonardo, 20 anni, aggiunge: «Non condivido la scelta di Civica. Ha lasciato gli attori in balia di se stessi, e questo è un atteggiamento tutt’altro che artistico. Anzi, lo trovo autodistruttivo nei confronti del cast. Gli attori sembravano come sconnessi tra loro, spaesati sul palco scenico. Si vedeva che erano bravi, ma avevano delle grosse difficoltà ad autogestirsi. Una regia simile si può pensare se hai degli attori che sono abituati a lavorare da soli, ma era evidente che quelli del cast dell’Antigone non lo fossero».

Non tutti però hanno avuto la stessa opinione.
Ad esempio Marina, 54 anni, scrive: «Sono uscita con un enorme peso sullo stomaco. Sono rimasta sinceramente commossa dall’interpretazione di Creonte (Oscar De Summa) e di Emone (Francesco Rotelli), perché erano due personaggi che, più degli altri, lasciavano trapelare la loro umanità. Mi ha fatto riflettere, ed emozionare».

Marina non è stata l’unica tra gli intervistati ad aver apprezzato l’interpretazione degli attori. Pareri divisi e condivisi, originali e fuori luogo: questa varietà di opinioni è il risultato della regia “neutrale” di Civica.
Concordando con lo stesso regista, infatti, Antigone è una tragedia che, per la sua complessità e l’enorme potenziale filosofico, non può essere rappresentata come se fosse un melodramma, schierando i buoni contro i cattivi, le vittime contro i carnefici, i martiri contro i tiranni. Questo, secondo Civica, vorrebbe dire ridurre il potenziale del testo. Bene e male, infatti, sono confusi nell’Antigone, e non si fanno la guerra tra loro: convivono, si rendono facce della stessa medaglia. È quindi giusto che lo stesso spettacolo susciti diverse reazioni: bello e brutto, mi piace e non mi piace.

A questo proposito, è Chiara, una giovane spettatrice di 21 anni, a chiudere il cerchio: «Come si può pensare che, in questo spettacolo, non ci siano riferimenti voluti alle dittature degli anni ’30, quando Creonte, Emone e la Guardia indossano una divisa militare? Non m’importa se il regista intendeva realizzare un’Antigone apolitica, io ho percepito l’energia di una tragedia politica, e per di più molto contemporanea. L’idea che Civica abbia lasciato gli attori a se stessi, non ha fatto altro che porre l’accento sulla condizione di un’umanità lasciata sola, nella più completa e casuale facoltà di sbagliare, di commettere crimini atroci contro il prossimo, senza nessuno dall’alto che detti legge o dia consigli. Se la scena è statica, è perché noi siamo statici. Pensa alla politica di oggi: non c’è più azione, solo dialogo, comizi, soliloqui. Ecco perché Civica non si è mai curato, secondo me, di correggere questi aspetti della recitazione degli attori: perché questo rende il discorso politico più realistico, molto più vicino alla Guerra Fredda che non alla Battaglia delle Termopili, molto più vicino alla realtà rispetto al mito».

Cos’altro dire, dunque, che non sia già stato detto dagli spettatori?
In un mondo dove tutto è politica, campagna elettorale, pubblicità, l’Antigone di Massimiliano Civica rappresenta uno spunto di riflessione neutrale sul teatro e su quanto un artista, oggi, si debba esporre politicamente. Antigone è un’opera cerebrale, sicuramente, ma complessa, controversa ed interessante, perfettamente in linea con la tradizione del testo da cui è tratta e il suo mito che, per fortuna, registi come Civica continuano ad approfondire e a riproporre nella sua complessa varietà di sfaccettature.

Laura Astarita

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