Appunti, pensieri non ancora del tutto formalizzati, suggestioni, ipotesi di discussione a partire dagli spettacoli visti. Una forma aperta, non saggistica, un racconto per frammenti ospitato una volta alla settimana, una scrittura quasi in presa diretta per provare a testimoniare la complessità e diversità delle proposte teatrali del presente.
Trasfigurare Venezia
Sono gli ultimi giorni di giugno e, sopra la laguna, si stende un cielo plumbeo, la brezza tira forte e l’acqua si increspa riottosa contro le briccole. A pochi passi dal canale, in Via Garibaldi, una giovane donna in pantaloncini neri e canottiera a righe indossa un paio di cuffie e volteggia sui pattini fino a schiantarsi al suolo, sotto i colpi di un fucile. La performance è Swan di Gaetano Palermo (classe ’98), una delle due opere vincitrici del Bando Biennale College Teatro Performance Site Specific 2023, interpretata da Rita di Leo e sonorizzata dal vivo da Luca Gallio, che si ispira, come suggerisce il titolo, alla famosa coreografia di Michel Fokine del 1901, La morte del cigno. Dapprincipio questa misteriosa ragazza si esibisce con impeto sui pattini a rotelle, seguendo il ritmo di una musica che non sentiamo e riprendendosi con il cellulare – il suo corpo energico alterna, come in un gioco, atletismo e coreografia, contorcendosi in pose sensuali, per poi scivolare veloce sui pattini, quasi a volersi librare nell’aria. Soltanto quando ci passa accanto scopriamo che il suo volto, dalla pelle chiara e levigata e con la bocca socchiusa, così come la parrucca bionda che indossa, è una maschera che in parte le cancella i lineamenti, straniandola. Ad avvolgere noi e questa figura vitale ma perturbante, una drammaturgia sonora che, con estrema efficacia, intreccia boati, rintocchi di campane, versi di uccelli – perfettamente fusi con i suoni reali del paesaggio – fino all’improvvisa fucilata che la fa precipitare al suolo. Da questo momento sarà un susseguirsi di colpi e cadute che trascineranno la donna-cigno in una spirale vorticosa, un moto centrifugo che invece di condurre il corpo verso la morte, lo trasforma da dentro.
Swan, primo lavoro del giovane regista siciliano sostenuto da un ente produttivo nazionale, si presenta come un enigma dal forte impatto emotivo: fino all’ultimo non siamo certi se quello che stiamo vedendo sia finzione o realtà, l’immagine stessa della donna-animale oscilla tra la trasparenza del suo desiderio incolmabile e la superficie artefatta, l’opacità perturbante del suo corpo inconoscibile, così come inconoscibile rimane lo statuto del “cacciatore” (chi è che spara? Siamo noi che guardiamo?). Il merito del lavoro di Palermo risiede non solo in questa tensione verso una rappresentazione doppia, anfibia, sottilmente ironica, della realtà (resa in scena anche dalla bravura della Di Leo che con credibilità sfuma il dolore per la caduta nel godimento del gioco e viceversa), ma anche nella capacità di nutrirsi della vivacità del paesaggio, senza rinunciare al rigore estetico. A pensarci bene potremmo dire che Swan agisce come una “perturbazione atmosferica” che dilata, comprime, trasfigura la stessa immagine di Venezia, “pattinatrice” della laguna destinata a trasformarsi sotto i colpi inferti dagli smartphone del turismo di massa che la assedia. Una metamorfosi indicibile, certo, ma che ci permette di sospendere l’orizzonte tragico e ineluttabile della morte. Vittoria Majorana
Se la danza è un rito sottile
Può la danza assottigliarsi al punto da diventar teatro, o viceversa? Ne Il mondo altrove: una storia notturna (visto a Cesena il 19 luglio nell’ambito di FU ME Festival) sembrano essere solo i portici del Cortile delle Palme – fascinosa ambientazione in cui si svolge la performance – a dare profondità alla scena. Persino il corpo del danzatore e ideatore dello spettacolo Nicola Galli ci appare esile e liscio, fluido come i movimenti che accompagnano il gesto, dipinto sopra la luce crepuscolare che si distribuisce nello spazio. È più sfuggente, che presente. Solo il suo volto, che è infatti coperto da una maschera rituale, risuona pesante sopra al manto d’erba che funge da palco. Come a inchiodarci di fronte a una visione che altrimenti verrebbe quasi solo da ascoltare percependone il fruscio, a occhi chiusi. La musica, di una solennità sommessa e tratti stridente, talvolta enfatizza quello che accade in scena, altre volte risulta straniante e contraddittoria, alludendo a un altrove che è però ancora in là dal materializzarsi.
Siamo dalle parti del rito di trasformazione. Ma la levità del tutto lo rende un rito laico, un sabba in minore – di una sobrietà solo sporcata dalla vaghezza trasognata del tramonto e dai punti di fuga dell’architettura del chiostro. Anzi: piano piano che ci si inoltra nello sviluppo coreografico, si fa strada un certo contrappunto impressionista a sorreggere lo spettacolo. I movimenti, che si intersecano con le direttrici dello spazio e le evidenziano, raccontano una storia, nitida nella sua semplicità. Il performer interagisce con degli oggetti, entra ed esce da un cerchio a terra che fa da confine narrativo. Sembra invocare un nostro coinvolgimento, ma la fissità della maschera che indossa rende muta la sua richiesta. Pare, infine, più recitare una parte che interpretare un disegno coreografico. Siamo dunque in un limite, fra notte e giorno, fra espressività teatrale e corporeità in movimento. Siamo in un campo di transizione: dentro una danza che si rende leggera e trasparente al punto da diventare una rappresentazione di se stessa? Francesco Brusa
Gli spettacoli
Swan, di Gaetano Palermo; con Rita Di Leo; disegno sonoro Luca Gallio; assistenza e cura Michele Petrosino; Prosthetics di Crea FX. Con il supporto di Casa della Cultura Italo Calvino; h(abita)t – Rete di spazi per la danza; Associazione QB Quanto Basta. Produzione La Biennale di Venezia
Il mondo altrove: una storia notturna, concept, coreografia e danza di Nicola Galli; produzione TIR Danza, stereopsis; coproduzione Marche Teatro, Inteatro Festival, Oriente Occidente
L'autore
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.
Una risposta
Carissima Vittoria, Che piacere leggerti, e leggere attraverso la eccentrica centralità dello spettacolo la quasi mia Venezia { la frequento da 53 anni} Che meraviglia… E complimentissimi… Abbraccio Claudio