Cappuccetto rosso è una favola per bambini che conosciamo tutti, ma la sua versione senegalese Thioro ne è più che una messa in scena: è una messa in vita.
Subito dopo la rappresentazione abbiamo avuto la possibilità di entrare nel backstage dello spettacolo, per qualche domanda diretta ai protagonisti.
«Siamo arrivati a un punto in cui il teatro ha senso solo se ci fa riflettere» commenta l’organizzatore Moussa N’Daye «noi raccontiamo una realtà che esiste, ognuno è Thioro in quell’istante. È reale, è qualcosa che vive».
Una messa in vita, quindi, della tradizione orale senegalese attraverso il personaggio di Thioro, una bambina che come cappuccetto rosso si perde per la savana nel tragitto per la casa della nonna. Thioro siamo noi spettatori, adulti e bambini, chiamati a interpretarla in un viaggio senza età. Il gioco funziona grazie a un effetto sorpresa iniziale: i bambini da curiosi e confusi si scoprono protagonisti, imparando un parallelismo tra il wolof e l’italiano, attraverso un linguaggio gestuale universale. «A volte guardo negli occhi un bambino e lo vedo nella mia dimensione, è fortissimo anche per noi attori» sottolinea Serigne Failou Diop, attore «noi vediamo quello che raccontiamo, vediamo le strade, le capanne, gli animali, per questo anche i bambini lo possono immaginare bene».
Entrare nel cerchio, simbolo chiave nella cultura africana, significa vivere un altro paese e un altro modo di fare teatro. Il progetto, racconta N’Daye, «inizia negli anni ottanta insieme al Teatro delle Albe, attraverso Mandiaye, il nostro maestro. Nel 2004 decide di tornare in Senegal e creare una rete di giovani, in collaborazione con le Albe, per realizzare il sogno di un teatro meticcio che possa dialogare con culture diverse. Con la sua scomparsa, nel 2014, non potevamo rimanere fermi». Nel 2017 le Albe arrivano in Africa con un laboratorio in collaborazione con l’illustratrice e fumettista Leila Marzocchi. «Una notte, sotto le stelle, Leila ci ha chiesto se conoscevamo la fiaba di cappuccetto rosso e se c’erano delle similitudini con le nostre storie. Noi non l’avevamo mai sentita, ma avevamo la cultura di una tradizione orale piena di favole». Così è partita l’idea di un nuovo progetto con cui costruire legami, confronto, sperimentazione.
Thioro è teatro ed è esperienza, esperienza di vita. Un percorso di crescita che è possibile vivere in prima persona: un vero viaggio nella calda savana, attraverso gli occhi di questi ragazzi, attori professionisti e prima di tutto, persone.
Arianna Cammarota, Elena Magnani
(foto di Sara Colgiaco)
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.