Di solito il nostro kit di sopravvivenza arriva con la calza della Befana e con il pensiero all’anno appena trascorso. Ma questa volta la straordinarietà degli eventi ha modificato il calendario: il “survival kit” esce un anno esatto dopo la prima lunga chiusura dei teatri.
Cosa ci portiamo dietro? Tristezza, frustrazione, rabbia, qualche gioia, riflessioni, qualche speranza… Abbiamo provato a elencare in modo un po’ disordinato i brevi pensieri, gli sfoghi, gli appunti e qualche delirio raccolti nella redazione di Altre Velocità con l’intenzione di portarceli dietro. Forse non ci aiuteranno a sopravvivere, ma almeno serviranno a fissare le nostre parole stentate. Sapendo già che il tempo corre così veloce che di molte cose ci vergogneremo presto, ma di altre forse no.
Il nostro punto di vista è al solito il teatro. Probabilmente un punto di vista (da osservare e da cui osservare) davvero poco significativo in questo triste anno. Ma tant’è. In bocca al lupo a tutti.
Un piatto di spaghetti
Se c’è qualcosa che la migliore saggistica uscita in Italia nel 2020 ci ha insegnato, è che la natura è cooperativa e non competitiva. La storia dell’evoluzione ha la forma di un piatto di spaghetti fatto di trasferimenti genici orizzontali tra diverse specie (Quammen, L’albero intricato), il sistema-mondo è interconnesso e può affrontare le complessità imparando dal dialogo con e tra gli animali che si adattano all’habitat rispettandolo anziché distruggendolo (Haraway, Chthulucene), le relazioni simbiotiche tra funghi e piante sono esempi di mutuo appoggio in cui le forze e le debolezze si annullano in un grande “wood wide web” (Sheldrake, L’ordine nascosto). Portiamo questa consapevolezza sul palco, mischiamola a un po’ di artaudiana crudeltà e avremo un vero teatro ecologista.
Care catastrofi
Chi avrà il coraggio di tornare a parlare di apocalissi e di catastrofi, come fossero semplici metafore o vezzi artistici? Forse, da qui in avanti, ai tabù del politicamente corretto si aggiungeranno quelli dello “storicamente corretto”, per cui si imporrà una maggiore riverenza verso gli eventi collettivi e le loro rappresentazioni… Certo è che, giocando al gioco della fine del mondo, alcune generazioni di teatranti si sono un po’ perse. Hanno preso la parte per il tutto, senza vedere che “la grande estinzione” dell’umanità non era invece che l’estinguersi di un soggetto determinato e circoscritto e – per estensione di sguardo – l’estinguersi di un certo modo della messa in scena, di una certa “autorialità”. Nessun tanti auguri, allora, e nessuna epifania. Solo il sabba feroce e notturno, in cui continua a bruciare ciò che è distante, che è andato perduto…
Fra gli interstizi
È un teatro che ricompare nelle faglie di un sistema già bloccato e ora fermato dalla pandemia. Fra gli interstizi si ritrova una voce, un desiderio, una necessità per un teatro “aperto-appartato”: reinventando rapporti 1:1 in presenza ma senza spettacoli (camminate nelle strade, letture poetiche, discorsi ai citofoni, frammenti ai balconi ai e campanelli…), ma anche scardinando le griglie delle piattaforme e dei video online o riscoprendo dimensioni teatrali dell’ascolto. Un teatro fra gli interstizi lo abbiamo visto spuntare in questi ultimi mesi come erba infestante, spesso non seminato, non curato, quasi sempre autoprodotto; un teatro che sta a contatto con il problema, sporcandosi le mani, tentando e forse il più delle volte fallendo, soprattutto rifuggendo l’autoesaltazione tecno-entusiasta sia il radicale scetticismo. Dei semi così infilati negli interstizi di un terreno impervio, col quale avremo sempre più a che fare in futuro, forse domani germoglieranno in un nuovo teatro possibile.
Teatro e scuola
Sappiamo che l’incontro del mondo della scuola e del teatro, fin dai tempi dell’animazione e dei primi esperimenti di teatro ragazzi, ha saputo creare un sodalizio spesso fertile ma che nel tempo ha mutato contorni, fino ad arrivare a volte a farci assistere alla richiesta da parte degli insegnanti di spettacoli sempre più “a misura di curriculum” (sovrapponendo de facto la drammaturgia alla didattica). Eppure teatranti e compagnie non hanno smesso di provare a immaginare modalità di incontro diverse da quelle già previste nei codici scolastici. Ma adesso che i teatri sono chiusi e a teatro le classi non ci possono più andare, il teatro manca? E a chi? Agli insegnanti, ai maestri e alle maestre, ai bambini, ai genitori e agli adulti-accompagnatori? Ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze manca fare i laboratori di teatro nelle palestre delle scuole? Cosa manca esattamente di quell’esperienza? Cosa può fare il mondo del teatro (artisti, compagnie e teatri) per continuare quell’ascolto necessario e imprescindibile con il mondo della scuola? Per provare a focalizzare: cosa può fare il teatro per provare a uscirne “più sani e un po’ meno ignoranti”? Porsi la domanda se il teatro stia mancando alla scuola rappresenta lo speculare interrogativo se il teatro serva alla scuola; un interrogativo-ossessione per chi opera nel settore come teatro, come artista e come osservatore critico.
Ascoltare humanum est
Nello tsunami di streaming e nel mare magnum del web è difficile navigare senza essere travolti. A volte un po’ di ristoro lo si trova nelle piccole isole dedicate all’ascolto. Radio e podcast ci hanno pulito gli occhi per un po’, ci hanno fatto respirare, e abbiamo allenato la nostra immaginazione nella costretta sedentarietà, ascoltando radiodrammi, documentari, serie, archivi sonori, podcast vari… Perciò nel nostro kit infiliamo con convinzione l’ascolto e la creazione audio/radiofonica, perché fra tutte le cose è quella di cui siamo più convinti. Un’attenzione esplosa durante i mesi della pandemia, che rappresenta una tra le pochissime notizie positive di questi lunghi mesi.
Addio mascherine
Alla fine delle sue avventure, ormai pronto a trasformarsi in bambino, Pinocchio incontra il Gatto e la Volpe, salutandoli per l’ultima volta: “Addio mascherine!”. Seguono tre proverbi di una crudeltà che continua a sconcertarci. In fondo a questo kit infiliamo anche noi, un po’ di nascosto, quattro pseudo-deliri di un anno pazzo, augurandoci presto di poterci disfare di tutte le mascherine.
- Follow the money. Il 2020 ci ha ricordato che questo motto funziona sempre. A volte però ci scontriamo con la fisica quantistica, perché il danaro versato per il teatro sparisce, anche se non si producono più spettacoli e non si pagano più gli artisti…. E allora? Il 2020 ci ha insegnato a non preoccuparci, è solo un’impressione. In realtà il danaro è assorbito da grandi strutture, impiegati, costi fissi… cioè quello che rappresenta lo scheletro del teatro e che nessuno mette in dubbio. Adesso però basta con gli scheletrini, vogliamo anche la carne!
- La Storia è sangue e lacrime, la Storia è il sogno sognato da un pazzo. Nessuno si aspettava un’accelerazione così clamorosa della Grande Storia. L’intera umanità – non succedeva dai tempi della guerra mondiale – si è ritrovata unita nel medesimo destino: combattere il virus. Le conseguenze sono enormi, le implicazioni così difficili da immaginare. Le nostre vite rivoluzionate… Ti prego teatro, raccontaci di questo sgomento e smettila di toglierti le cispe davanti alla telecamerina!
- C’era una volta un Re… No, amici commedianti, avete sbagliato, c’erano una volta i direttori dei teatri… Poi sono arrivati gli economisti della cultura a dire che per gestire i teatri ci volevano i manager della cultura perché i teatri sono aziende. Hanno insistito talmente tanto che in questi mesi li hanno presi sul serio. E la realtà si è fatta più realista del Re. Sembra che il futuro sia solo per i lobbysti o per gli economisti, rigorosamente senza cultura. Arridateci il pezzo di legno!
- Enfasi a parte. È un verso di Caproni che culliamo nell’orecchio. Ma come difendersi dal frastuono quotidiano, da affermazioni, proclami, appelli che alimentano il chiacchiericcio di questi mesi? L’enfasi di contare qualcosa, di rivoluzionare chissaché, di gridare a forza di emoticon e like che il teatro è un bene assoluto. Provare “a esistere, a furia di insistere”. Se dev’essere enfasi, almeno sia un eccesso parodico e demenziale, come le quattro parole in croce che state leggendo. Ogni tanto guardarsi allo specchio e – come dice il maestro – veder riflesso un buffone mascherato potrebbe far ben alla salute (anche del teatro).
Hanno contribuito al Survival Kit 2021: Francesco Brusa, Ilaria Cecchinato, Giuseppe Di Lorenzo, Lorenzo Donati, Agnese Doria, Alex Giuzio, Vittoria Majorana, Lucia Oliva, Damiano Pellegrino, Gianluca Poggi, Rodolfo Sacchettini.
L'autore
-
Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.