La classe operaia va in paradiso, per la regia di Claudio Longhi (dal 9 all’11 marzo a Ravenna, dal 13 al 15 a Rimini, qui l’elenco completo delle date della turnè) riscopriamo la pellicola di Elio Petri che fonda le sue basi sul lavoro operaio massacrante e sui successivi scioperi e manifestazioni; nel film buona parte delle idee rivoluzionarie escono dalla bocca di studenti universitari. Negli anni precedenti a successivi all’opera di Petri (1971), sono molti i registi che hanno voluto creare un film denuncia sul lavoro alienante in fabbrica. Quindi se la storia di Lulù e dei suoi colleghi vi ha appassionato di sicuro non potete non conoscere i seguenti titoli dai primi anni del novecento fino ai più recenti: Sciopero! di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn (1925) Capolavoro del cinema russo, questo lungometraggio è una delle prime testimonianze dell’abuso di potere inflitto sui lavoratori: dopo il suicidio di un operaio, i colleghi scioperano e protestano contro i superiori incolpandoli di averne indetto la morte; le reazioni della polizia sono veramente durissime e non portano ad altro che a un terribile massacro. Violento e crudele, Sciopero! si rivela essere tra i primi di una lunga lista di film portatori del messaggio di denuncia contro l’industrializzazione del mondo del lavoro e contro l’abuso di potere. Tempi moderni di Charlie Chaplin (1936) Una vena ironica e uno stampo ottimista è invece presente nell’operaio rappresentato da Chaplin nel suo capolavoro Tempi Moderni. Il protagonista si perde tra gli ingranaggi delle macchine, si diverte a testare nuovi macchinari per migliorare il suo lavoro, riesce a essere felice nonostante l’ambiente intorno a lui sia una prigione. Dietro lo stile ironico di Chaplin emergono situazioni spaventose, simboliche perché in una commedia, ma estremamente realistiche se proiettate sulla vita di un operaio comune. [caption id="attachment_1657" align="alignnone" width="846"] La meglio gioventù[/caption] La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana (2003) Un percorso di ben 37 anni è quello che decide di seguire Giordana nel suo film di inizio anni 2000. Una famiglia della piccola borghesia romana, raccontata anno per anno, attraverso i mutamenti sociali e politici italiani. A partire dal ’68 e dalle rivolte studentesche, fino agli anni novanta attraverso la strage di Capaci e gli avvenimenti di cronaca nera che hanno colorato gli ultimi decenni. Il film decide di introdurre oltre al ruolo dell’operaio alienato, anche quello dello studente stressato e sottovalutato che finisce con lo sfogare la sua avversione per le autorità in rivolte, occupazioni di atenei universitari e scontri violenti nelle piazze delle più grandi città. Il Grande Sogno di Michele Placido, 2009 Ambientato nel ‘68, vede come protagonisti Laura (Jasmine Trinca), studentessa di formazione cattolica, che inizia a prendere parte alle rivolte, Nicola (Riccardo Scamarcio), un giovane poliziotto, e Libero (Luca Argentero), figlio di un operaio della FIAT. Tutto ciò avviene sullo sfondo degli scontri americani in Vietnam, usati spesso come pretesto per attirare sostenitori e accrescere il numero negli scontri contro la polizia. Se Petri aveva deciso di ambientare il suo film nell’ambiente soffocante della fabbrica e nel relativo giardino, Placido sceglie gli ambienti aperti delle piazze e degli atenei occupati. Entrambi i film si sviluppano sullo sfondo degli anni rivoluzionari italiani che partono proprio dai moti studenteschi del 1968. Barrikata! di Paolo Alessandri, 2011 Oltre al cinema, anche il teatro ha raccolto il testimone per denunciare la condizione dei lavoratori e degli studenti. Il cinema però ha un limite: spettatori e protagonisti sono separati dallo schermo della televisione. Ciò non può succedere con il teatro: attori e pubblico sono strettamente collegati l’uno all’altro, tanto da creare la giusta empatia per riuscire a entrare in simbiosi con il personaggio sul palco. Nel 2011 la scuola di recitazione Sofia Amendolea di Roma ha debuttato con lo spettacolo Barrikata! Il copione è stato ispirato al testo teatrale Nemico di classe di Nigel Williams, e riadattato dai ragazzi protagonisti. La trama è lineare: una classe di ragazzi dei sobborghi di Roma viene abbandonata a se stessa, nell’attesa (e nella speranza) che un’insegnante decida a farsi avanti per occupare la cattedra lasciata libera. Più passano i giorni e più tra i giovani inizia a nascere un desiderio d’indipendenza e di autonomia che emergerà sempre di più fino a trasformare le ore trascorse lì dentro in una vera e propria “autogestione del più forte”. Alla fine un’insegnante arriverà nella classe e sarà lei a doversi scontrare con la realtà dei ragazzi che segue la legge del più forte. Per mia sfortuna non ho potuto assistere allo spettacolo ma solo ad alcune prove (in quanto tra gli attori ha recitato mio cugino). In poche scene, un gruppo di ragazzi giovani e alle prime armi nel mondo della recitazione (e del successivo lavoro) è riuscito a trascinarmi sul palco con loro, protagonista anch’io di quel gruppo di giovani anarchici. Chiedi chi era Francesco di Andrea Adriatico Dello scorso anno è invece lo spettacolo andato in scena ai Teatri di Vita in memoria di Francesco Lorusso in occasione dei quarant’anni dalla sua morte. Francesco, studente e militante di Lotta Continua, è stato ucciso a Bologna durante una manifestazione da un proiettile vagante, attribuito successivamente a un carabiniere presenta sulla scena, che infine è stato prosciolto. I moti del ’77 resteranno sempre impressi nel cuore di Bologna e la storia di Francesco una figura centrale delle conseguenze di quel periodo. Ancora una volta quindi uno studente, un giovane, fiero delle sue idee rivoluzionarie, diventa vittima.
Eleonora Poli
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.