Attorno alla pompa di benzina che gestiscono ci sono boschi dove vanno a caccia di scoiattoli. Sono una sorella e fratello: tirano con l’arco alle gomme dei trucks, inalano benzene, battibeccano, sono già grandi ma è come se qualcosa in loro si fosse bloccato, forse dopo la scomparsa dei genitori, una mancanza dichiarata fin dalle prime battute di questo Sister(s). Lo spettacolo di exvUoto Teatro, visto a Milano in occasione di Trame d’autore, è scritto da Andrea Dellai e diretto da Tommaso Franchin, con in scena lo stesso Dellai, Laura Serena (la sorella, Allison) e Massimo Scola (Bruno, il fratello). Nel lavoro sgorga una vena di realismo magico padano, come se la disegnata regolarità delle golene convocasse a bilanciamento un bisogno di sovversione. Siamo a «Rovigo, Alabama», i due attori dialogano e si raccontano frontali e sfrontati. Le intensità vocali di Serena tratteggiano una personalità dominante, una sorella divenuta per necessità anche madre dopo che un incendio ha distrutto la vecchia casa; l’inanellarsi della fabula si sfuoca gradualmente grazie a una comicità che lambisce il non-sense: il pollo al curry comprato dagli indiani viene infilato «su per il curri», battute e contorni dei personaggi così debordano dai confini “veristici” di una mera denuncia dell’arretratezza di provincia, perché qui si parla davvero dell’Alabama veneto, un posto dove dopo tanti anni di duro lavoro il fratello è riuscito a comprare un frigorifero per sistemare le «birrette». Il frigo viene portato in scena ed è tempestato di decorazioni, rose e diamanti di plastica come un teschio a là Hirst, status-symbol di una classe sociale degradata disperata eppure non arresa; Bruno esulta ma dentro all’elettrodomestico trova… la Madonna. E con lei, presenza invisibile in forma di luce elettrica nell’elettrodomestico, sul palco arriva una specie di angelo decaduto, che beve birre e discetta dell’esplosione delle stelle. Sniffa, indossa una tuta anticontaminazione, ha il potere di dirigere i movimenti di Bruno con i soli gesti delle mani, ascolta i racconti della sorella – dove si rivelano accadimenti del passato, manovre agli autoscontri per rompere le gambe a bambine troppo belle – torna ricorsivamente a parlare delle stelle come se fosse il tema di un brano jazz. Angelo sembra arrivato lì per fare accadere le cose, orchestra e canta una sorta di song brechtiano, un motivetto dove si cercano «persone vere, dentro a storie vere», suggerendo una lettura nel momento stesso in cui si interviene per demistificarla.
I due fratelli possiedono i tratti di alcuni personaggi della prima serie di Twin Peaks, cresciuti con il cinismo di chi deve sopravvivere a una realtà asfissiante, con qualche eco letterario e teatrale, da Vitaliano Trevisan ai Fratelli Dalla Via. Il fratello ora rientra con il copricapo da suora, si converte, forse è pronto per andarsene, ha paura e indossa boxer con stampata la S di Superman. Lo sai come muore una stella? Chiede ancora una volta l’angelo, un pasoliniano Ospite logorroico e sgarrupato, anch’egli tormentato e indeciso sulla sua funzione, triste, ubriacone, con la voce che si sgretola roca e risale possente fra momenti di eccitazione e zone di inattesa introspezione. Brillano le lucine del frigo, Angelo e Allison corrono sul posto, entrano ed escono, urlano, fino a uno scioglimento dove non tutti i fili della trama possono essere tirati, a imporsi è infatti la rarefazione narrativa di un luogo dove sfuma la scansione fra azione nel presente e memoria del passato. Accade tutto nel qui e ora del teatro: Bruno se ne va, diventa “sorella” e abbandona la casa, sembra che il padre faccia ritorno e il racconto del suo comportamento violento inneschi la spiegazione di questo presente guastato, una retrospezione che riporta all’ordine le tensioni eversive della trama. Gli eventi accadono molto velocemente, tutto si compie senza dispiegarsi.
Nella raffinata scrittura di Dellai non tutto torna e questo può essere sia pregio che limite. Sister(s) convince nell’essere incardinato su strutture realistiche che contengono una loro stessa contestazione, per questo “chiede molto” ad attori che danno corpo a figure drammatiche sfaccettate, mai bidimensionali pur in una conclamata tensione grottesca (visti anche in altre produzioni italiane, Scola e Serena, con una rarissima duttilità nell’abitare personaggi molti distanti fra loro, il primo, mossa da una densità energetica della presenza non comune, la seconda). exvUoto è impegnato, oltre che nella produzione di spettacoli, anche in percorsi laboratoriali, pedagogici e performativi. Quella del gruppo vicentino pare dunque una via peculiare affinché il teatro parli al presente, un linguaggio fondato sulla scrittura della scena e degli attori, un teatro di invenzione e di finzione e che non si accontenta della realtà e della rappresentazione così come sono, ma cerca una via per trasfigurarli.
L'autore
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Tra i fondatori di Altre Velocità, è assegnista di ricerca presso il Dipartimento delle Arti all'Università di Bologna, dove insegna Discipline dello spettacolo nell'intreccio fra arte e cura (Corso di Educazione professionale) e Nuove progettualità nella promozione e formazione dello spettacolo al Master in Imprenditoria dello spettacolo. Immagina e conduce percorsi di educazione allo sguardo e laboratori di giornalismo critico presso scuole secondarie, università e teatri. Progettista culturale, è tra i fondatori di Altre Velocità e dal 2020 co-dirige «La Falena», rivista del Teatro Metastasio di Prato. Fa parte del Comitato scientifico dei Premi Ubu. Usa solo Linux.