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foto di Masiar Pasquali
foto di Masiar Pasquali

La parodia del potere. “Re Chicchinella” di Emma Dante

di Michelangelo Suma

Una corte di palazzo grottesca che genera straniamento e ilarità in chi la osserva. Re Chicchinella di Emma Dante, visto al Teatro Rossini di Pesaro dal 19 al 22 dicembre 2024 e più recentemente andato in scena al Nuovo Kismet di Bari dall’1 al 2 febbraio 2025, ha proposto un adattamento originale di una fiaba del Pentamerone di Gianbattista Basile, noto autore napoletano del XVII secolo.

Sulla scena figure camuffate da galline appaiono per anticipare al pubblico la vicenda, grottesca come la corte di palazzo in cui si svolge, che vede coinvolto Re Carlo D’Angiò, un sovrano blasonato, titolare del regno di Sicilia e Napoli, di Costantinopoli, delle contee di Provenza e di Forcalquier, ma che convive con una “presenza interiore” ingombrante e disonorevole. Il regnante, interpretato da Carmine Maringola, in un giorno di caccia aveva sentito il bisogno di defecare, ma non avendo trovato nulla con cui pulire il suo didietro, utilizzò le piume di una gallina, la quale, ancora viva, si attaccò col becco al sedere del re, fino a entrare interamente nel suo intestino. A causa di questo male il sovrano è costretto a digiunare e le poche volte che ingerisce qualcosa, anche solo un’oliva e una fetta biscottata, sente dei forti dolori allo stomaco, il cui effetto è l’espulsione fecale di uova d’oro; la gallina portata in grembo si nutre infatti di quello che Re Carlo mangia, deponendo successivamente le uova dal prezioso guscio. Nel dialogo con la regina, interpretata da Annamaria Palomba, vengono rilevati altri aspetti del profilo reale, che presentano Carlo come un Re debole, incapace, incolto, che ha nei fatti lasciato il proprio Regno in gestione alla moglie, la quale non esita sulla scena a rinfacciare al marito le proprie responsabilità. I cortigiani vestiti da ballerini rendono ancora più bislacco l’ambiente di palazzo con i loro atteggiamenti e la loro ossessione per tutte le azioni del sovrano, anche quelle più intime. Le loro danze con musica barocca in sottofondo rafforzano ancora di più l’atmosfera caricaturale della corte. La morte sofferta del sovrano, accompagnata dall’aria di Georg Friedrich Händel Lascia ch’io pianga, rappresenta una cruda e ingloriosa sorte. Ciò che rimane del corpo di Carlo è una gallina vera, che sbuca fuori dalla bara del sovrano, creando reazioni di sorpresa da parte dei presenti al capezzale.

La scenografia assente permette al pubblico di concentrarsi sulla corporeità degli attori, in particolare di Maringola, che recita a petto nudo per quasi tutta la messa in scena, a parte un’improvvisa sequenza senza veli. È probabile che la regista abbia utilizzato questa scelta sia per suscitare sorpresa, sia per rappresentare la vicenda con maggiore realismo, come era stato fatto in altre sue precedenti opere. Come nel lavoro Pupo di Zucchero la drammaturga siciliana mescola la base del testo drammaturgico in Napoletano con alcune battute in lingua francese, utili per rimarcare la provenienza francofona degli Angioni. Sebbene la storia sia ambientata in epoca medievale, l’uso di costumi e di musiche seicentesche possono creano un contatto con l’epoca in cui ha vissuto lo scritto.

Con le sue forti tinte grottesche e grazie all’espressiva fisicità degli attori, Re Chicchinella si configura anche come una satira nei confronti del potere, in questo caso di quello straniero nel Sud Italia, una parodia che permette a chiunque venga a teatro di potersi burlare di chi sta sopra di lui. La rappresentazione della debolezza del monarca Angioino può essere vista inoltre come una metafora della decadenza degli Asburgo di Spagna, i quali sia in patria sia nei territori italiani iniziarono dal 1600 a lasciare il potere ai validos, ministri reali che sopperivano all’inefficienza della casata dominante. Testo e contesto si confondono nella messa in scena: mentre infatti la monarchia spagnola accelerava il suo declino, Basile iniziava con le sue Fiabe a descrivere le vicende del sud.

L'autore

  • Michelangelo Suma

    Nato a Venezia nel 2005, collabora con le testate online “Il Punto Quotidiano” e “Finnegans”, con il periodico “Gente Veneta” e nel 2024 ha scritto recensioni per la Rassegna teatrale e musicale “Le città visibili”, svoltasi a Rimini

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