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"Poltergeist" o il nobile tentativo di prendere a pugni la paura

di Altre Velocità

La canzone del sole per tutto il viaggio. A un certo punto la voce preregistrata annuncia l’arrivo del treno: «Allontanarsi dalla linea gialla». La folla, automaticamente e spontaneamente, si avvicina alla linea gialla, ognuno consapevole del fatto che una piccola distrazione può comportare un’ora di viaggio in piedi, stipati nelle cabine di passaggio o, peggio, nel vagone dei boy scout. Ma se guardiamo oltre la frenesia del momento potremmo accorgerci che c’è sempre chi, dalla linea gialla, si allontana. Poltergeist entra nella mente di chi dalla linea gialla si allontana, e nel farlo prova a spalancare un mondo. Lo spettacolo di Laura Pompetti, regista e unica attrice sulla scena, è approdato al Teatro delle Moline il 9 febbraio. Abruzzese d’origine e bolognese di formazione artistica, nel 2012 Laura Pompetti fonda con altri quattro attori la compagnia teatrale LaQuiete Teatro, associazione a promozione sociale e culturale. Alternando comicità e momenti di riflessione, Poltergeist si propone al pubblico come un viaggio onirico e a tratti assurdo di una protagonista senza nome che, in costante stato di allerta, cerca di affrontare le sue paure. La paura della radio che si accende senza motivo, la paura di avvicinarsi alla linea gialla, la paura di una foto scattata nel momento meno opportuno, la paura del destino, la paura della morte. Con i guantoni, come in un ring, la nostra eroina prova a prendere a pugni queste paure. Con scarsi risultati. Lo spettacolo si sviluppa attraverso brevi monologhi e una drammaturgia sonora che fin da subito costruisce un vero e proprio dialogo con la drammaturgia testuale ed è sempre, o quasi, il motore che fa procedere l’azione. Non a caso, nella tradizione popolare germanica il termine poltergeist indica un folletto o spirito maligno cui veniva attribuita l’origine di fatti o rumori apparentemente inspiegabili. Già dalle prime scene si stabilisce con forza il legame tra gesto e suono, esemplare in questo senso il momento di “allenamento” della protagonista, evidentemente impegnata a seguire le indicazioni di un manuale o di un tutorial base di boxe. Dai movimenti della donna emerge una frase pronunciata da una voce maschile: il braccio destro sferra un pugno all’aria e la voce le risponde: «Vuoi…», al braccio destro segue il sinistro e ancora la voce: «un caffè?». La scena è ripetuta più volte, con movimenti sempre più improvvisi e spezzati, assumendo caratteri via via sempre più comici e grotteschi. Momenti di lucidità si alternano a quelli che sembrano deliri ipnotici: fin da subito, a partire proprio da quella sorta di allenamento/siparietto comico appena descritto, si costruisce l’immagine di un uomo, una presenza oscura non meglio definita che occupa costantemente la mente della protagonista sulla scena, dialoga con lei, forse è lui che, dalle quinte, le lancia addosso dei giornali. Si può dedurre, per lo meno dalla scheda dello spettacolo distribuita in sala, che si tratta del “Poltergeist”, lo “spirito chiassoso” del titolo, il fantasma che, attraverso il suono, diventa il secondo attore. Forse. O forse è solo un uomo con cui la nostra protagonista può aver o non aver avuto un incontro sessuale. In realtà, in questo montaggio di azioni, monologhi e lunghi momenti di comicità gestuale un po’ fine a sé stessa, ho la sensazione che abbiamo tutti perso il filo del discorso, sia noi spettatori che l’attrice sulla scena. E anche il fantasma lanciatore di giornali.

Valeria Venturelli

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