Passato e presente si accavallano subito nella mente di Alberici durante la chiacchierata: ricorda il momento in cui scattò il colpo di fulmine per il teatro, una sorta di sconvolgimento emotivo alla visione degli spettacoli con Il sacro segno dei mostri e Al presente di Danio Manfredini. L’attore poi guarda all’oggi e ammette che la sua scrittura per il teatro non esisterebbe senza l’influenza di altri linguaggi artistici, per esempio il fumetto di Andrea Pazienza. Si capisce che l’ammirazione di Alberici per l’inventore di Zanardi è sconfinata: «Lui è in grado di dire l’inaccettabile, cioè quello che tendenzialmente si tace. Forse è anche il fumetto che lo aiuta a poter fare questa cosa in maniera molto credibile». È la stessa sensazione che l’intervistatrice, la quale ha conosciuto Andrea Pazienza, ricorda di aver provato assistendo alle opere di Pina Bausch, capace di creare attraverso il suo stile la continuità nelle cose più discontinue.
Tanti gli elementi che ci fanno intendere quanto sia importante la scrittura per l’intervistato: su tutti il piacevole ascolto, qualche sera addietro, del brano Stranizza d’amuri di Battiato e il contemporaneo desiderio di scrivere una storia d’amore autentica per il teatro. In seguito Alberici legge un pezzo (di cui riportiamo poche righe) tratto da Perché scrivere di Zadie Smith, un testo illuminante per chi fa della scrittura una vera passione:
«Quando scrivo io cerco di esprimere il mio modo di essere nel mondo. Si tratta principalmente di un processo di eliminazione: una volta eliminate tutte le parole morte, i motti, gli slogan, le sfacciate bugie del tuo paese, i miti della tua epoca storica; una volta tolto di mezzo tutto ciò che deforma l’esperienza e le fa assumere un aspetto che non riconosci e in cui non credi, ciò che ti resta è qualcosa che si approssima alla verità della tua concezione. È questo che cerco quando leggo un romanzo: la verità di una persona, nella misura in cui può essere restituita mediante il linguaggio».
Alberici racconta di divorare libri in questi giorni (ad esempio La linea d’ombra di Conrad mentre prende il sole) e di guardare tanti film, ma si dice bloccato sulla scrittura. Inoltre, essendo una persona fondamentalmente pigra, pur ripromettendoselo non riesce mai a svolgere attività fisica in maniera continuativa. Si sente smarrito, afferma che molte persone adesso hanno imparato a mettere a posto anche loro stesse (oltre alle cose) ripensando a ciò che hanno vissuto, si rendono conto che «non c’è solo un presente che galoppa inarrestabile verso un futuro, ma c’è anche per ognuno di noi un passato». Deflorian dice di ritrovarsi pienamente nelle parole di Francesco e di aver riscoperto oggi quella ritualità che aveva dimenticato, il senso di sicurezza dato dall’idea di ripetere qualcosa. In fin dei conti Alberici confessa di sentirsi attualmente meno solo di altre volte, perché sa che gli altri non sono a far l’amore in spiaggia e a divertirsi.
Ascoltare Deflorian e Alberici dialogare evidenzia molto bene quanta sintonia ci sia tra i due, nonostante la consistente differenza di età. Da buoni amici i due si confidano, scherzano e si prendono in giro, ricordando i bei momenti condivisi insieme. Tra questi, lo spettacolo Quasi niente (liberamente ispirato a Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni), così l’attrice coglie l’opportunità dell’intervista per consentire ad Alberici di recitare un suo breve monologo sull’eterno smettere di fumare; il pezzo doveva far parte dello spettacolo sopra citato, ma non fu poi inserito nel montaggio finale:
«In seconda superiore mi avevano fatto leggere La coscienza di Zeno a scuola, dove il protagonista conduce tutta una lotta con se stesso per smettere di fumare, e anche lui si alza tutte le mattine e se lo dice davanti allo specchio: “Smetti di fumare!”. Mi ricordo che quando lo avevo letto, lo avevo trovato molto divertente, invece viverlo è molto pauroso, anche se poi dall’esterno fa ridere. Mia nonna quando eravamo piccoli e facevamo casino, in un’espressione quasi dialettale ci diceva sempre: “Dai basta a fare la commedia! Smettetela di fare la commedia!”. Però non è divertente la commedia, da dentro è pauroso fare la commedia, è triste. A me le commedie poi spesso mi commuovono, quelle belle».
Forse a un ascoltatore ignaro dei due attori una conversazione del genere può sembrare un po’ stucchevole, anche se sono tanti gli spunti culturali offerti. Ma l’empatia di questo dialogo cela in realtà due importanti messaggi. Il primo, più tecnico, riguarda l’attualità del teatro di Deflorian e Alberici: a partire dall’esperienza quotidiana del singolo, loro raccontano il disagio esistenziale dell’intera società. Il secondo, più ampio e profondo, si impernia sul concetto di condivisione: il teatro è questo, vivere esperienze forti a contatto con altre persone e ricordarle per il resto della vita.
Leonardo Ostuni
https://www.spreaker.com/user/radio_india/francesco-alberici-09-04-20-16-55
]]>L'autore
-
Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.