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foto D. Ališauskas
foto D. Ališauskas

“Pas de deux”, un thriller romantico

di Debora Meluzzi

Questo articolo è frutto della Scuola estiva di giornalismo culturale in Romagna, organizzato da Altre Velocità, che attraversa il Festival di Santarcangelo 2024.

Dal basso la moquette blu acceso e da sopra la luce fredda di tre grandi fari focalizzano l’attenzione su una coppia di danzatori che esegue un pas de deux. Nudi da ogni eleganza nei loro outfit casual e quasi anonimi, se non fosse per il contrasto della t-shirt arancione con la pavimentazione blu, i due giovani performer sono nitidi al pubblico, disposto sui quattro lati della scena. Si tratta della rivisitazione del pas de deux sognante dei balletti classici, osservato con occhio critico e disincantato.

La coppia, instancabile, balla e interagisce per tutto il tempo con l’uomo che guida la donna; con un braccio le cinge la vita e con l’altro le brandisce il braccio come un’arma. La coppia ruota così nella scena, con lui che fa da perno e lei che a ritmo sale e scende sulle punte, all’infinito. I loro passi precisi e ripetuti denotano una resistenza e una coordinazione virtuosa fra i due, mentre la musica ci orienta verso i loro sguardi cupi e ci inoltra in una spirale di tensione crescente. Gli occhi fissi e preoccupati di lei ci trasmettono la loro pressione e lo sguardo triste di lui la loro desolazione. Desolazione che non sembra vedere alternativa a quel pas de deux perché, anche quando riescono a liberarsi dalla presa, continuano a girarsi intorno con gli arti che si allungano tremanti, quasi a sfiorarsi e a riprendersi. Ma nell’impasse del loro struggimento, non si toccano e non si allontanano.

Il suono, presente per tutto il tempo, ci chiude sempre più in una morsa, man mano che alla prima traccia elettronica fatta di suoni bassi e malinconici si sovrappongono pezzi sempre più ritmici e imponenti, con suoni che richiamano il ticchettio di un orologio, lo scalpiccio delle scarpe sull’asfalto, il chiasso silenzioso del canto delle cicale, il vorticare di una corda, la corsa di un treno. A un certo punto un battito cardiaco ci illude che qualcosa si stia per rivoluzionare, ma poi, inesorabile più di prima, ritorna il ticchettio a mischiarsi alle altre tracce soffocanti. Suono e luce, prodotti e curati da Gautier Teuscher, sanciscono la fine della messa in scena con silenzio e buio. Ma la luce ha l’ultima parola e spegnendosi improvvisamente non ci permette di sapere se i due siano riusciti a mettere fine al loro scambio sofferente.

Lo spettacolo, firmato da Anna-Marija Adomaityte, è quasi un thriller romantico. Durante il ballo lo spettatore aspetta che qualcosa buchi la bolla di tensione dalla quale è stato inglobato. Quando i due ballerini si staccano continuano a girarsi intorno, ipnotici, e si sente vibrare l’energia fra le punte di quelle dita che con un niente potrebbero toccarsi. Tutto nella performance concorre a direzionare l’attenzione sui performer e a immaginare ciò che non ci narrano mai del funzionamento di una coppia eteronormativa. Qual è il costo della loro sincronia? La coppia eteronormativa, con il suo codice di ruoli e maschere che ognuno dei due deve assumere sulla base del proprio sesso biologico, si dimentica dell’individualità e della complessità di ogni essere umano, che agli impulsi biologici unisce la propria indole, le proprie idee e la propria storia. Le norme sociali in ambito romantico prescrivono che l’amore si viva all’interno di una coppia monogamica con ruoli definiti e finalità preconfezionate, fra cui farsi una famiglia. A favore della connessione con una sola persona, anche lo spazio per i rapporti amicali e le altre relazioni diventa marginale. Questa narrazione dominante non incontra i bisogni di tutti e svincolarsi da essa implica uno sforzo di destrutturazione carico di dubbi, sperimentazioni e vulnerabilità. Ma se a differenza di chiuderci l’uno sull’altro, come fanno i ballerini nella loro danza, riuscissimo a lasciare l’altro libero di muoversi, come si sentirebbe? Non compiremmo forse la forma d’amore più nobile e ideale? Pas de deux con il suo finale aperto, che non ci rivela se e come la coppia si sia reinventata, ci invita a cercare nuove soluzioni. Che la costrizione delle modalità attuali la abbiamo già provata abbastanza.

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