I 4 Moschettieri in America, del quale abbiamo già parlato in questo articolo. I Sacchi di Sabbia nascono nel 1955. Negli anni la Compagnia è riuscita ottenere riconoscimenti sempre maggiori, anche sul piano nazionale, per spettacoli portatori di un messaggio contemporaneo: nel 2008 ricevono il Premio Speciale Ubu «per la scrittura vivace, fresca e creativa di Sandokan o la fine dell’avventura» e nel 2011 il Premio Alla Critica per il Don Giovanni. La loro concezione di teatro è il risultato di un’unione tra le tradizioni teatrali classiche, come l’abbattimento della quarta parete o le maschere per far interpretare personaggi diversi dallo stesso attore, e le forme d’arte più contemporanee: l’impiego di effetti di luce, cartamodelli, disegni e scenografie realizzate in diretta dagli attori, libri pop-up, musiche e rumori sono solo alcuni degli oggetti di scena che rendono uniche le opere del gruppo. «Vogliamo mostrare meccanismi del romanzo d’avventura e di formazione che resistono al tempo» dice Giovanni Guerrieri, uno dei membri e fondatori del gruppo, all’incontro con la compagnia tenutosi subito dopo la fine dello spettacolo all’ITC Teatro. L’intenzione de I Quattro Moschettieri è mostrare l’evolversi di caratteri estranei al nostro tempo, mantenendo il senso di avventura che aleggia attorno ai protagonisti. Ma I Sacchi di Sabbia si avvalgono anche di altri mezzi per coinvolgere il pubblico: «canto, musica e ritmo declinato sempre in maniera diversa e una costante ricerca sulla sonorità», come dice Giulia Gallo, altro membro della compagnia, sono elementi costanti. Il modo in cui catturano chi guarda, facendolo partecipare a questo gioco di immagini e luci che si alternano velocemente è diretto e aggressivo quanto basta. Il personaggio sulla scena fissa negli occhi lo spettatore, lo prende per mano e lo fa salire sul palco con lui per mostrargli ciò che vede e sente in quella determinata scena. «Questa “roba” non sai bene a chi era destinata» continua Guerrieri, riferendosi al pubblico eterogeneo presente in sala: da quella parte abitudinaria dei frequentatori del teatro del paese, a quella fresca e divertita dei bambini, ai quali si illuminavano gli occhi durante i momenti comici e le scene d’inseguimento eseguite con le ombre sulle pareti del palcoscenico e del teatro. Tra le loro opere maggiormente acclamate sono sicuramente da nominare: Sandokan, o la fine dell’avventura, del 2008, che introduce il nuovo ruolo del cuoco per l’eroe della Malesia, conosciuto nelle vesti di Kabir Bedi. L’intera storia di Sandokan è infatti raccontata in una cucina e gli oggetti usati dai personaggi non sono altro che ortaggi e verdure necessari per preparare il pasto. Don Giovanni di W. A. Mozart, del 2010, costruito con la tecnica rumorista e la conseguente rinuncia alle parole per narrare la vicenda. Piccoli Suicidi in Ottava Rima, prodotto nel 2013, che unisce diversi generi narrativi, come il western e la fantascienza tramite l’uso della tecnica recitativa della declamazione dell’ottava rima o delle quartine di ottonari. L’arte dei Sacchi di Sabbia è quindi adatta a tutte le età e a tutte quelle persone che vogliono andare a teatro per entrare, sì, in un mondo fatto d’avventura, ma che accettano di farlo passando attraverso disegni colorati e ombre parlanti.
Eleonora Poli
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.