È difficile mantenere qualcosa in vita e farlo crescere. Soprattutto in Italia e soprattutto quando si tratta di realtà culturali come quei piccoli esperimenti che resistono alla nullificazione che quotidianamente si abbatte sul nostro caro paese. Omissis9, festival giunto alla sua quinta edizione, è uno di questi. Presente a Gradisca sull’Isonzo grazie all’associazione Mattatoioscenico, anche quest’anno ha riportato una ventata di aria nei territori friulani. Quattro giorni (10-13 settembre) di perfomance, incontri letterari e eventi musicali, ospiti artisti italiani, sloveni e polacchi. Lo sguardo è principalmente rivolto al corpo, indagato come soggetto-oggetto di creazione artistica e di proiezioni sociali e culturali. Corpi feriti, violentati, muti, assenti, in germinazione attraverso diverse forme spettacolari. Il 5 settembre un’anticipazione con il nuovo lavoro, in forma di studio, di Mattatoioscenico, Vuoti a rendere: il corpo si fa strumento necessario per confrontarsi con le paure, le delusioni, le incomprensioni e le sconfitte che conducono all’incomunicabilità tra gli esseri umani. Dialoghi assenti, o meglio muti, nella perfomance-installazione Transfera 4 dei Suka off, due artisti polacchi presenti anche con la performance Red Dragon. Nel primo, varcando i confini della body art, ricercano nuove forme di comunicazione attraverso una manipolazione brutale e feticistica dei corpi. Polaroid e video instaurano un dialogo che dai volti del pubblico impressi sulla pellicola e poi proiettati si ripercuote sui corpi inermi e allo stesso tempo violenti dei due performer. Nel secondo, una ragnatela di fili tesi, applicati a uno a uno sulla pelle di lattice rosso di Piort WegrZynsk, produce la visione di una sorta di creazione all’incontrario: una squamazione dall’umano all’artificiale. E poi: la nascita, o ancora prima, la quiescenza di un seme che diventa corpo in una sorta di gigante incubatrice. Si muove, sinuosamente, lentamente per poi ritmicizzarsi a ogni colpo di quel liquido nero che scivola dal soffitto sovrapposto alla teca di vetro: è Silvia Costa con i Plumes dans la tete in La quiescenza del seme. E ancora una germinazione, in questo caso di un pensiero creativo. Gli sloveni, Mateja Bučar e Vadim Fishkin ci conducono nel momento che anticipa la creazione vera e propria: nella video-installazione Sorry out of ideas è l’assenza del corpo scenico, trasfigurato in un’ombra danzate proiettata sul muro bianco, a ingenerare questioni sull’essenza dell’arte. Infine Macadamia Nut Brittle, il nuovo lavoro del duo Ricci/Forte, che espone in questo caso un corpo sociale, quello dell’adolescenza, una generazione incerta che s’infrange su se stessa generando un melting-pot di frustrazioni, deliri e scontri con la realtà che si traducono in vere e proprie ossessioni. Una novità quest’anno è stata il ciclo di letture performative ispirate a Maneggiare con cura, una serie di racconti dello scrittore texano Joe R. Lansdale proposte dal duo Enrico Saba e Giulio Morgan che hanno aperto le giornate del festival.
di Francesca Giuliani
L'autore
-
Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.