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Notizie da Montreal

di Lorenzo Donati

Il Festival Transamérique, che si è concluso lo scorso 11 giugno a Montréal (Québec, Canada), è giunto alla quinta edizione ed è un appuntamento centrale nel panorama internazionale dei grandi festival della ricerca di teatro e danza. Pur essendo un festival metropolitano non adotta una formula diffusa in più mesi, come il parigino Festival D’Automne o il Romaeuropa, ma sceglie di concentrarsi in due settimane immersive, affiancandosi a luoghi come il Kunsten di Bruxelles, il Festival d’Avignon o il cileno Santiago à Mil. Il programma non è fatto di soli spettacoli, ma anche di progetti di studio internazionali, di un simposio dal titolo eloquente “accompagnare la creazione” e di numerosi e molto partecipati incontri quotidiani con gli artisti.
Montréal è città cosmopolita, a maggioranza francofona (due e milioni e mezzo di abitanti, nel 2010). Il Québec è un arcipelago che guarda all’Europa, declinando molteplici influenze in una cultura nordamericana che si vuole aperta e originale. Gli abitanti del Québec si definiscono distanti dal “resto”, vale a dire dalla marea anglofona che li circonda, ma allo stesso tempo non accettano di ricevere una tradizione europea (francese) senza discuterla, senza farla propria.
Il festival non ha un tema, si muove setacciando il meglio delle arti sceniche internazionali, alla ricerca di un teatro che sappia stare al passo con il presente. Dice la direttice Marie Falcon, nella presentazione: «Fra memoria e affondo nel presente, gli artisti rivisitano i lutti politici dell’America del Nord, testimoniano delle guerre e delle loro atroci conseguenze, dello stato della terra, indagano la memoria intima ma anche l’amnesia collettiva, osservano senza sconti le nostre società consumiste e materialiste»
Di questi e altri nodi ci ha parlato Martin Fuché, assistente alla direzione artistica, durante il seminario internazionale sulla giovane critica organizzato da Transamérique al quale siamo stati invitati, nel contesto più ampio di un progetto rivolto a giovani registi, scenografi, attori. Proveremo a raccontare Transamérique con alcuni articoli sulle opere e sul contesto, cominciando dalle parole di Fuché.

Le origini

Il Festival nasce nel 1985, si chiamava “Festival Des Ameriques” e voleva mostrare opere dalle tre Americhe, da subito con un’ottica transdisciplinare. Dopo i primi anni si iniziò a pensare di invitare esperienze non solo americane, con una particolare attenzione alla danza. Artisti come europei come Alain Platel e i canadesi Marie Chouinard, Robert Lepage e Wajdi Mouawad hanno mosso qui i loro primi passi, diventando ospiti fissi del festival. Ci muoviamo attorno a due direttrici: stare in contatto con la ricerca scenica internazionale e presentare il meglio del teatro e della danza canadesi. Nel 2007 il festival è diventato annuale, e presenta metà programmazione afferente al teatro e metà alla danza.

La cultura del Quebéc

Il Québec è stato fondato dai francesi nel 1600, che poi l’hanno abbandonato a favore degli inglesi nel corso del 1700. La nostra è una cultura cattolica, le cui influenze si avvertono anche oggi a livello di istruzione e sanità. Fino al 1960 l’attività economica prevalente del Québec era legata all’agricoltura. Il fenomeno di compagnie amatoriali religiose ci ha segnato in profondità, e conoscere queste origini ha un valore centrale per comprendere il presente.
Dobbiamo iniziare dicendo che la cultura francese si è installata in Canada, rallentando un processo di creazione di una cultura autoctona, che quindi è molto giovane. La prima vera pièce teatrale del Québec è stata scritta nel 1968, siamo sempre stati influenzati da “generi” di successo prelevati dalla Francia, come il teatro boulevardier o il burlesque. Facendo un altro esempio, quando quest’anno Denis Marleau ha montato un Re Lear, si trattava della seconda volta da sempre che veniva messo in scena integralmente e professionalmente il testo di Shakespeare. In ogni caso, dobbiamo fare una distinzione fondamentale: l’estetica quebecchiana ha forti influenze europee, l’estetica e la cultura del Canada anglofono hanno forti influenze statunitensi. Detto questo, se vogliamo proporre delle schematizzazioni di comodo e più specifiche, possiamo dire che la scena teatrale si rifà a una tradizione prevalentemente europea, mentre la danza guarda al Nordamerica, alla Modern Dance.
Esiste una identità del Québec? Probabilmente esiste nella musica, nelle arti visive, molto di meno nel teatro. La suddivisione fra Canada inglese e francese è oggi pacificata, ma fino al 1985 è stata segnata da episodi anche violenti, che non possono essere dimenticati. La scuola nazionale di teatro, per esempio, ha una sezione francese e una inglese, tra loro assolutamente non comunicanti.

Il sistema teatrale, oggi

I teatri della città sono per lo più privati, vale a dire che i sussidi pubblici coprono il 30% del budget annuale, mentre il resto è coperto da sbigliettamento e dai privati. Quando parliamo di privati ci riferiamo a fondazioni di mecenati, banche, gruppi commerciali. Chiaramente queste strutture finanziano molto più facilmente il balletto o la musica sinfonica. I privati mandano i loro soci e dipendenti alle rappresentazioni che sostengono: per avere un riscontro pacifico, per fare contenti tutti, è più semplice avere a che fare con una tradizione conosciuta, come la musica classica o l’opera. Lavorare nel contemporaneo è più complesso: la relazione con i privati costruisce rapporti di “controllo leggero” con chi ti finanzia, come una “verifica”.
Una grande vitalità è presente oggi a Montréal, molte sono le compagnie di teatro e danza, anche se la confusione fra cultura/turismo/grandi eventi rimane molto alta, e l’amministrazione cittadina cavalca questa ambiguità senza operare delle scelte decise. Questo rispecchia una più generale tendenza nazionale: fino a una ventina di anni fa i canali nazionali di radio e tv avevano regolari approfondimenti teatrali di qualità, mentre oggi è quasi tutto scomparso. C’è stato un vistoso calo nella responsabilizzazione delle istituzioni. Si può dire che lo “spazio pubblico” si sia privato, gradualmente, dell’arte che ricerca e che sperimenta nel contemporaneo.
I grandi teatri di Montréal lavorano producendo dai tre ai cinque spettacoli all’anno, messi in piedi dagli artisti che gestiscono le stesse sale. Ogni anno ci sono anche due o tre ospitalità di altre compagnie della città, o del Quebéc. Per comprendere come si regge il sistema dobbiamo parlare dei noleggi, una delle principali fonti di sostentamento delle sale. Il Festival Transamérique noleggia tutte le sale in cui si svolge il festival, e ogni anno il noleggio è una parte rilevante della logistica, perché noi possiamo affittare i teatri solo per una decina di giorni, e spesso i gestori prediligono chi può affittare per uno o due mesi. C’è una netta suddivisione fra i proprietari dei muri (consigli di amministrazione formati da avvocati e altri quadri dirigenziali) e direzioni artistiche, che si occupano della gestione.

L’estetica, il teatro, il pubblico

La prima cosa da sottolineare è un carattere di forte spettacolarizzazione. Si recita caricando molto i toni, quando si piange in scena scorrono vere lacrime. Un modo più tenue, minimale o astratto, difficilmente viene accettato dal pubblico. Ciò dipende sia dalla formazione degli attori sia dal pubblico, che riempie i teatri ed è in cerca di una identificazione con la scena, quasi come una relazione affettiva, di adesione fra ciò che si è e ciò che si guarda. Il pubblico deve sentirsi coinvolto, deve partecipare. Ci si sente fieri di quello che si vede in scena, e ci si sente fieri di sentirsi fieri! A Montréal non alzarsi in piedi per applaudire, al termine dello spettacolo, è un segno di non gradimento.
Prima che inizi il festival organizziamo varie presentazioni del programma in molte scuole di teatro e di danza. Questo permette a un pubblico molto giovane di farsi un’idea di Transamérique, e di partecipare in maniera più consapevole. I teatri sono spesso esauriti, anche perché sono molto frequentati dagli studenti di arti sceniche. In generale, oltre a coinvolgere giovani studenti, ci interessa mescolare i pubblici di teatro e danza. Possiamo dire che la maggioranza del nostro pubblico è francofona, e frequenta comunque altri generi culturali, come l’arte, il cinema o la musica contemporanei.

Un tema?

L’idea che ci muove sta sempre nell’immediatezza degli incontri con gli artisti, non vogliamo darci un tema. Cerchiamo quell’arte che oggi è in grado di stupire, di destabilizzare. Vogliamo essere in grado di individuare i fermenti artistici di oggi, per proporli al pubblico, fidandoci di chi guarda.

Per approfondire, un breve elenco di risorse teatrali:

Paratheatre, blog del critico Philippe Couture

Pagina spettacoli della rivista gratuita Voir

Rivista di studi e di approfondimento Jeu

Programma Relache su Radio Centre Ville (Reécouter une émission)

L'autore

  • Lorenzo Donati

    Tra i fondatori di Altre Velocità, è assegnista di ricerca presso il Dipartimento delle Arti all'Università di Bologna, dove insegna Discipline dello spettacolo nell'intreccio fra arte e cura (Corso di Educazione professionale) e Nuove progettualità nella promozione e formazione dello spettacolo al Master in Imprenditoria dello spettacolo. Immagina e conduce percorsi di educazione allo sguardo e laboratori di giornalismo critico presso scuole secondarie, università e teatri. Progettista culturale, è tra i fondatori di Altre Velocità e dal 2020 co-dirige «La Falena», rivista del Teatro Metastasio di Prato. Fa parte del Comitato scientifico dei Premi Ubu. Usa solo Linux.

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