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Nel lago dei leoni, tra misticismo religioso e follia

di Altre Velocità

Nel Lago dei Leoni, per la regia di Marco Isidori, rappresenta le estasi di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi che nel 1582, a 16 anni, si ritirò nel convento di Santa Maria degli Angeli a Firenze. All’Arena del Sole la compagnia Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa ci ha catapultato in uno spazio sospeso, in cui la razionalità diventa un limite che separa la Santa visionaria dal suo Dio; e la sospensione psichica si riflette in una scenografia altrettanto ambigua: la protagonista è seduta su u n ̔trono ̓ di metallo, sospeso in aria grazie a dei cavi collegati ad una complessa architettura argentea, posta su uno sfondo bianco. La follia è la vera protagonista dell’opera, incarnata dall’attrice Maria Luisa Abate che si esibisce nei panni di una suora invasata dal suo Dio; l’estasi che la muove deriva da un «amore morto», un sentimento che va oltre i limiti dell’amore terrestre e, dunque, non vive. Nella rappresentazione dei Marcido la religiosità cristiana è uno sfondo sbiadito, ciò che si percepisce va aldilà del discorso religioso e tocca riflessioni ontologiche universali, in cui ogni uomo può ritrovarsi. La mimica e l’espressione vocale sono fondamentali: Maria Luisa Abate, unica attrice sul palco, coinvolge lo spettatore con la sua voce surreale, che rappresenta l’invasamento della suora. Nella scena in cui Maddalena immagina di ricevere in grembo il bambino Gesù, la forza mimica e vocale dell’attrice è sconvolgente: attraverso i suoi gesti si ha la percezione che davvero un’entità esterna scenda sul palco, e la sua voce evoca l’infinita dolcezza di una madre che si appresta a ricevere il figlio. Uno dei temi su cui insiste la suora durante i momenti d’estasi è il corpo come “gabbia” dell’anima, un vero e proprio topos che parte dal pitagorismo per evolversi nel Cristianesimo dell’origini. In questa dimensione irrazionale il coro, rappresentato dalle monache del convento fiorentino vicine a Maddalena dei Pazzi, ha un ruolo fondamentale ed è composto da tre maschere grottesche che, durante la rappresentazione, appaiono per introdurre le estasi della Santa. Il coro, interpretato da Paolo Ricco, Valentina Battistone e Stefano Re funge da narratore esterno e “razionale”, aiutando il pubblico a non perdersi di fronte ai monologhi estatici della Santa. Nel Lago dei Leoni è un’opera che richiede una grande attenzione, perché lo spettatore è parte integrante della scena, infatti per godersi a pieno lo spettacolo bisogna aprire la mente e immedesimarsi nei discorsi della Santa, solo così si comprende la potenza della recitazione di Maria Luisa Abate che, per più di un’ora, rappresenta l’estasi di una visionaria vissuta nel XVI secolo. Nel Lago dei Leoni è qualcosa che va aldilà dello svago che talvolta riusciamo a trovare a teatro: è un’opera concettuale che può sembrare folle e senza senso, ma che il giorno dopo fa riemergere immagini, dialoghi e tanti dubbi, in primis quello del titolo enigmatico; questo, infatti, riprende una frase del Libro di Daniele, profeta investito dalle visioni divine nel VI sec. a.C. che venne gettato, per volere di re Dario, proprio «Nel Lago dei Leoni».  

Gisella Governi

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