Slot Machine, spettacolo del Teatro delle Albe visto il 25 febbraio al teatro Alice Zeppilli di Pieve di Cento. Risate isteriche e spasmi convulsi aprono il sipario, catapultando il pubblico in un luogo indefinito e oscuro che poi si scoprirà essere una fossa. Doriano sta aspettando il suo assassino che tornerà a «finire il lavoro», e mentre aspetta di morire racconta la sua storia con la sincerità disarmante di chi non ha più tempo per mentire. Ha iniziato con le corse dei cavalli e poi è passato alle Slot, percorrendo in picchiata le tappe di una narrazione già scritta: chiede soldi ad amici e parenti, inganna e deruba i familiari infine quando ormai è rimasto solo, si indebita sempre di più per alimentare quel “doppio” insaziabile che, dentro di lui, si ciba di azzardo. Il testo di Marco Martinelli (anche regista dello spettacolo) è basato su racconti reali di giocatori ed ex-giocatori, e mantiene la spietatezza di un’autoconfessione, priva di moralismo ma al sapore di avvertimento. Il monologo non sembra voler tratteggiare il profilo del “giocatore tipo”, Doriano è come noi, soltanto ci è caduto dentro (..al gioco d’azzardo? Alla fossa?). Alessandro Argnani, unico attore, è intenso e convince, si scuote in spasmi, poi si rassegna e soprattutto fa i conti con se stesso, “specchiandosi” in una coreografia che di specchi, anche deformanti, fa un uso non gratuito ma simbolico. Le luci sono espressive e circoscritte, seguono il protagonista nel suo giro a vuoto, facendo emergere dalla dominante oscurità gli effetti calcolati delle superfici riflettenti. Quando Doriano è sdraiato sul fondo della fossa, grazie agli specchi lo vediamo sdoppiato, dall’alto e dal fianco, e il suo dimenarsi viene amplificato: traspare chiaramente il senso di trovarsi imprigionati senza via d’uscita in una gabbia mentale ancora prima che reale. La musica di Cristian Carrara, nata come Opera contemporanea e registrata dall’orchestra del Teatro Lirico di Spoleto nel 2014, svolge una parte importante nella suggestione complessiva dello spettacolo, accompagnando sempre l’azione nei suoi apici drammatici come nei momenti introspettivi. Dopo essersi occupati di morti sul lavoro (Il volo – La ballata dei picchettini), di violenza sulle donne (A te come te), e di immigrazione (Rumore di acque), il Teatro delle Albe non smentisce la sua propensione a parlare di questioni etiche. L’atteggiamento è quello della presentazione dei fatti, il giudizio non è vincolato ma, guidato dal mezzo teatrale, tende a prendere la direzione desiderata dagli autori. In questo caso accade che le suggestioni simboliche dell’arte riescano ad essere più efficaci di tanti discorsi sterili, anche della politica, nel trattare un tema caldo come la dipendenza da gioco d’azzardo.
Alessandro Carraro
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.