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"Mauerspringer": il teatro che salta i muri e riparte dalla strada

di Altre Velocità

In questi giorni di stasi pare che si stiano avvicinando sempre di più questioni del tipo “Quanto riuscirò a vivere in appartamento?”, “Dopo la quarantena mi merito una casa in montagna”, Quale sarà il momento giusto per compiere questa scelta?”, o ancora “I miei studi che posto hanno e avranno in questo? Cosa è per me il teatro?”
La quarantena fa emergere la precarietà dei nostri desideri e l’incertezza consuma gli animi più preoccupati, chiunque ha il tempo di esitare un po’ di più e porsi domande rispetto il valore che le cose assumono per noi. Io lo faccio, lo faccio spesso anzi sempre, riduco tutti gli espedienti che ho escogitato nel tempo fino all’osso, fino a rendere il tutto più utilitaristico possibile e poi, ritorno a espandere le mie motivazioni con i soliti sofismi. Ed è proprio nella ricerca del bisogno e della semplice magia del teatro che colloco il progetto Mauerspinger che, fortunatamente, come un soccorso che arriva per provvedere all’incessante introspezione, risveglia nella memoria intensi e singolari momenti che il teatro può regalare.
“Mauerspringer”, letteralmente “saltatore di muri”: così era chiamato chi tentava di scavalcare il muro di Berlino, e così è intitolato il progetto europeo inserito all’interno di Europa Creativa che coinvolge 6 associazioni teatrali di 5 Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Spagna, Serbia) e che sabato 4 aprile si è concluso con un incontro in videoconferenza sul canale sul canale Youtube Teatro Due Mondi, capofila del progetto, dal titolo “Saltare muri, percorrere strade. Dialogo tra parole e immagini”, a cura di Cristina Valenti in collaborazione con Federica Zanetti.
Il nome calza a pennello, perché i muri da abbattere e sorpassare sono il cuore di questo eroico progetto: si tratta di sei compagnie europee provenienti dall’Italia, dalla Francia, Spagna, Germania e Serbia che si uniscono per modulare e diminuire le distanze culturali di quest’Europa così variegata e bisognosa di solidarietà. In che modo? Lavorano con professionisti e non professionisti e si dedicano particolarmente a quelle persone che superano muri e mari con un’arrampicata o un barcone nella speranza di poter trovare un soddisfacimento di desiderio di vita migliore ed è qui che entra in gioco il teatro di strada: azioni itineranti, migrazione, strada, contatto e comunanza, tutti ingredienti del Mauerspringer come spiega la curatrice della giornata Cristina Valenti.
Un incontro tanto più importante in un momento storico senza precedenti, in cui non solo i confini nazionali ma le stesse mura delle nostre abitazioni sono diventate invarcabili, per riflettere sulle potenzialità che ha l’arte di abbattere le barriere e costruire una nuova comunità, oltre che sul futuro stesso del teatro di strada.
Tre i principali punti di riflessione che nascono dalle parole dei curatori del progetto nelle sue varie declinazioni nazionali, come riassunti da Federica Zanetti a conclusione di oltre tre ore di questo dialogo telematico. Prima di tutto, la volontà di “saltare i muri” per creare uno spazio comune, dove portare e combinare insieme elementi di realtà e di immaginazione: poche parole ma corpi e immagini per abbattere gli ostacoli linguistici e provare a immaginare alternative, possibilità e nuove cittadinanze.
Non teatro di strada come un semplice strumento di intrattenimento, quindi, ma il desiderio di riappropriarsi della strada in un’ottica sociale e con una dichiarata finalità politica: creare spazi di democrazia e solidarietà. Un atto politico verso il quale tutto il teatro sociale si rivolge, ma che nel teatro di strada è potenzialmente raggiungibile più di ogni altra forma performativa in spazi tradizionali, considerata l’enorme libertà degli spettatori che possono decidere se e in che misura assistere alla performance, in modo totalmente gratuito. Un pubblico che da osservatore passivo diventa quindi un attore partecipante, in grado di scegliere la propria modalità di fruizione e, conseguentemente, di “costruire” il proprio spettacolo. A questo è legato un terzo aspetto proprio del teatro di strada, il recupero dello spazio urbano come spazio dell’orizzontalità, abitato da attori e non-attori, da pubblico e non-pubblico, entro al quale si creano delle comunità temporanee che costruiscono spazi per uscire dall’invisibilità, dando insieme vita a processi d’arte partecipata.
Viene detto “trasgressione e utopia che fanno parte del DNA del progetto”, si parla di coesione sociale post-Covid19, dell’importanza di un tale proposito e dei viaggi che si fanno per far circolare gli spettacoli e io… ascolto queste incoraggianti parole dallo schermo del cellulare, seduta nell’unico angolo soleggiato della stanza e penso di trovare in queste parole e in questa commistione di testimonianze e racconti di sogni la forza e il nutrimento che ci vogliono per affrontare il futuro. Due componenti che in questo periodo di stasi sembrano andar via per lasciare spazio a dubbi, domande e continue rimesse in discussione.

Chiara Capizzi, Valeria Venturelli

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