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L'arte del teatro e dell'attore. Fotoreportage con Paolo Musio

di Altre Velocità

dal 13 al 31 marzo sta porta in scena L’arte del Teatro di Pascal Rambert, una nuova produzione Emilia-Romagna Teatro. Proponiamo un reportage fotografico con alcuni estratti di conversazione, partendo da come è avvenuto l’incontro fra attore e regista. «Ho fatto due provini con Pascal Rambert, ero nella rosa di persone che Emilia Romagna Teatro voleva che il regista incontrasse in Italia. La prima volta ci incontrammo per Clôture de l’amour, Pascal era incerto, voleva prendermi ma non mi vedeva nella dinamica di una coppia. La seconda volta per Prova, mi sono seduto e mi ha detto subito: «Non c’entri niente con il personaggio, però mi ricordo di te e del tuo passato provino, ho un testo per te». Sono uscito da un provino per uno spettacolo e ne ho fatto un altro. Così è andata, è il tempo che ci vuole. Ci siamo visti prima della prima di Modena dieci giorni prima e abbiamo dialogato, Rambert ha una forte energia personale, vive e brucia, è il corpo di uno che si è dedicato totalmente all’arte. [caption id="attachment_1022" align="alignnone" width="850"] «Rambert ha fatto del teatro la chiave di tutto. Anche io devo tutto all’arte del teatro, tutte le persone che ho conosciuto, è stato il filtro con cui ho vissuto, mi sono sposato, tutto è successo da lì. Quindi figuriamoci. Però comunque io esco dal teatro è non…  ho sempre cercato di scappare e contestualizzare la scena nella politica, nella società. Quindi sono un po meno maniaco della forma teatrale. Io sento attorno a me e in giro una nuova necessità. Perché il teatro non morirà mai, per il semplice motivo che il teatro ha in se l’umano e la presenza del umano dal vivo. Il teatro cambierà e sta cambiando, tornerà e sta tornando elementare, con pochi segni, si arricchisce per esempio dalle riflessione dell’ arte contemporanea»[/caption]   [caption id="attachment_1021" align="alignnone" width="850"] «Amo la recitazione come uno dei fatti all’interno del teatro e non mi sono mai considerato come un attore puro. Mentre stavo traducendo L’arte del teatro ho pensato: ma guarda un po’ questa persona! Come quando un artista è tutto dentro la sua creatività, dentro la cifra del suo linguaggio. Rambert ama il teatro al punto da averne fatto una chiave di lettura per la sua visione del mondo, per lui stare in scena è presentarsi al mondo, e di questo parla nel testo, che è dunque metateatrale ma anche esistenziale. L’arte del teatro riguarda l’essere. Nel testo si dice: tu non ti preoccupi di recitare, tu ti preoccupi di essere. Lo dice l’attore al cane in un certo momento, e l’intero lavoro parla di questo»[/caption]   [caption id="" align="alignnone" width="850"] «Cosa vuoi vedere a teatro? Il rischio, il vero rischio, quello che se cadi da 50 metri ti sfracelli. Si vede questo se l’artista per primo rischia qualcosa di sè, del proprio equilibrio; è il fuoco del teatro ed è appassionante».[/caption]   [caption id="attachment_1025" align="alignnone" width="850"] «Il levriero russo, il mio silenzioso ascoltatore è meraviglioso! Vale la pena solo di venire a vedere lui.  In mezzo a tutto questo fiume di parole c’è questa presenza, è veramente un bellissimo cane, è di Modena! Non è un cane preoccupante, pur essendo enorme, è fiero ma anche sensibilissimo, ha un controllo, un aplomb aristocratici.
La sua presenza è anche un piccolo elemento di rischio, per esempio un giorno può decidere di non ascoltarmi, magari non gli interessa o è stanco, è un elemento variabile che cambia tutte le sere»[/caption]   [caption id="attachment_1024" align="alignnone" width="850"] « L’attore, personalmente, penso sia un tramite, un medium: un ponte, un diaframma tra le realtà. L’attore è in scena in rappresentanza di una serie di forze e dimensioni che connettono il passato con un pubblico di viventi»[/caption]   [caption id="attachment_1023" align="alignnone" width="850"] «Non si può ridurre tutto il teatro a intrattenimento, tutto il cinema a intrattenimento, tutta la musica a intrattenimento, tutta la vita a intrattenimento. Saremmo sempre intrattenuti senza mai far nulla. Intrattenere vuol dire non pensare, non sentire, rimanere in superficie».[/caption]  

Immagini di Mirea Panariti, testi a cura di Ifigenia Kanarà e Valentino Bettega

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