Petruška, tra i personaggi simbolo di Stravinskij, è l’opera dell’autore che più di ogni altra ha percorso l’intero Novecento. L’opera, infatti, composta nel 1911 per i Balletti russi di Diaghilev e rappresentata per la prima volta al Théatre du Chatelet di Parigi il 13 giugno 1911, con le innovative coreografie di Michel Fokine e le coloratissime scenografie di Alexandre Benois, viene presentata in America nel 1947 in una seconda versione con orchestrazione ridotta e finale cambiato, conferendogli ancora una volta quel “sussulto” e successo di pubblico che hanno reso Stravinskij tra i più rivoluzionari compositori del XX secolo. La storia di Petruška prende vita a Pietroburgo quando durante le feste della settimana grassa un vecchio Ciarlatano si fa largo tra la folla mostrando un teatrino formato da tre marionette, le quali magicamente nel corso dell’esibizione si animano, come dotate di una vera e propria sensibilità umana. È così che, a partire dal secondo quadro dell’opera, prendono corpo in scena le malinconie e i tormenti della marionetta Petruška, animata da “arpeggi diabolici”, come li ha definiti lo stesso Stravinskij e da un procedere frammentario e nervoso del ritmo. Questi soffre infatti per l’amore non corrisposto dell’altra marionetta del teatrino, la Ballerina, innamorata invece del Moro, terzo e ultimo fantoccio del Ciarlatano. Nella confusione del carnevale, movimentato da una successione di danze tratte dalla tradizione popolare, Petruška verrà ucciso in una zuffa dal suo rivale con un colpo di scimitarra. Il suo fantasma riapparirà però la stessa notte sopra il teatrino che per tempo l’ha tenuto prigioniero, finalmente libero dal suo corpo meccanico e deciso a vendicarsi del suo assassino. L’opera, che apre e insieme sconvolge il secolo del Novecento, si manifesta così nella sua più profonda carica innovativa: dal difficile rapporto con la tradizione alla scelta di una straordinaria e inusuale varietà timbrica e armonica posta in risalto dalla secca scansione del ritmo e del gesto, mostrando per la prima volta un esclusivo e dichiarato interesse per i soli elementi formali della musica. A influire sull’opera concorre di certo l’ “irrequieto” primo decennio del secolo, particolarmente importante per il compositore in quanto egli uscirà turbato non solo dagli eventi della Prima Guerra Mondiale, in cui suo fratello perderà la vita, ma anche dalla concomitante Rivoluzione d’ottobre, che lo spoglierà dei suoi beni e lo costringerà ad una vita da esule. È questo quello che il giornalista Paolo Mieli ha raccontato ad apertura della conferenza Dialogo intorno a Petruška in video differita nel foyer del Teatro Comunale di Bologna, lo scorso 9 febbraio. L’incontro, moderato dal Sovrintendente Fulvio Macciardi, fa parte del ciclo di “dialoghi intorno all’Opera” organizzati dal Comunale per riflettere insieme al pubblico su importanti temi dell’opera lirica e del balletto. In questo caso, oltre alla presenza di Mieli e Macciardi, è stato organizzato anche un confronto tra il coreografo Virgilio Sieni, autore della Petruška che debutterà oggi 15 febbraio 2018 (repliche sino a mercoledì 21) e il direttore artistico del MAMbo Lorenzo Balbi. Sieni ha raccontato di come l’idea di mettere in scena quest’opera sia nata chiacchierando con la ballerina Elsa De Fanti in un bar di Firenze. Se in un primo momento si è lasciato ispirare dai pochi e frammentari documenti in pellicola del lavoro coreografico di Fokine, successivamente se n’è discostato, ponendo in rilievo più la dimensione astratta, evocativa dell’opera che non quella fiabesca. Il palco – ha anticipato – simulerà infatti una dimensione leggera e trasparente, come se la scena non esistesse: Petruška, umano e allo stesso tempo non-umano, attraverserà gli spazi come una figura sfuggente, che si materializzerà di volta in volta nei corpi dei sei ballerini sulla scena, creando un respiro corale, una danza condivisa. Secondo gli intenti di Sieni l’esperienza della vita passerà attraverso i loro corpi, sempre presenti sulla scena, costituendo una “tribù nomade” in viaggio sul palcoscenico: i movimenti, liberatisi dalla fissità motoria dell’uomo, sembreranno nascere da un vento che dissipa le energie e si svilupperanno dal costante rapporto di ogni corpo con l’altro, con il diverso. Per Virgilio Sieni la trasparenza del velo presente in scena si legherà all’idea di nonluogo e Petruška non è altro che archetipo dell’umano, condannato alla caducità dell’esistenza. Alla voce del coreografo si è intrecciata così quella del direttore artistico Lorenzo Balbi, che ricorda al pubblico come la produzione della Petruška di Sieni del Teatro Comunale di Bologna sia da leggere in simbiosi con la grande mostra Revolutija: da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky, in mostra al MAMBo fino al 3 maggio: entrambi gli eventi sono occasioni non solo per celebrare la ricorrenza del centenario della Rivoluzione d’ottobre ma soprattutto per riflettere su un periodo storico, quello dei primi vent’anni del Novecento, complesso e significativo per tutte le esperienze artistiche. Oltre a sottolineare l’importanza di conoscere o scoprire, nel caso dei meno famosi, gli artisti dell’epoca, tra i quali cita Malevič, distintosi per aver esibito per la prima volta il suo grande quadrato nero proprio come scenografia dello spettacolo teatrale futurista intitolato Vittoria sul Sole del 1913, Balbi si è soffermato sulla necessità di domandarsi con quale occhio oggi i Russi guardino al loro passato avanguardistico, estremamente ricco, sì, di quei movimenti artistici che hanno rivoluzionato per sempre la storia dell’arte ma anche responsabile di avere gettato nell’oblio parte della più antica e coeva tradizione figurativa russa. [caption id="attachment_1586" align="alignnone" width="850"] disegno di Virgilio Sieni[/caption] Dal dialogo tra il giornalista, il direttore artistico e il coreografo sono emersi i tratti salienti di una personalità artistica complessa, quale quella del compositore Stravinskij, che sembrerebbe avere alcuni tratti comuni con la sua stessa Petruška: entrambi privati della possibilità di esprimersi in piena libertà, l’uno perché in balia di eventi nefasti e costretto all’esilio, l’altro perché imprigionato in un corpo di legno, serbano al loro interno uno spirito irrequieto e pienamente moderno, che riescono a sprigionare solo a seguito di un attrito, di uno scontro inevitabile: Petruška col proprio rivale, Stravinskij con la tradizione musicale ottocentesca. Il compositore è riuscito infatti, con echi romantici e sprizzi di ironia, ad affrontare nella sua intera opera alcune tra le tematiche più significative del Novecento artistico e letterario, per esempio il tema del doppio inteso sia come ambiguo rapporto che si instaura tra la maschera e la realtà, sia tra l’uomo e la marionetta. Questioni che senza dubbio segnano profondamente ancora la nostra contemporaneità, ed è vero quindi, come ha dichiarato Sieni in chiusura della conferenza, che rivisitare un’opera musicale con la distanza di tempo necessaria dà la possibilità di scoprirne significati nascosti, a partire dai quali è possibile dischiudere le porte verso qualcosa di cosmico.
Vittoria Majorana, Flavia Mazzarino
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.