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(foto di Patafisik, da commons.wikimedia.org)
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Come si realizza un desiderio. Il Piccolo Museo della Fiaba e del Racconto

di Nella Califano

Nel 2021 nasce negli spazi di Villa Davia, nel Borgo di Colle Ameno a Sasso Marconi, Il Piccolo Museo della fiaba, che quasi subito diventa Il Piccolo Museo della Fiaba e del Racconto, estendendo alla bellezza e al fascino del racconto tout court l’idea iniziale di concentrarsi sul racconto fiabesco. Maurizio Sangirardi è organizzatore e direttore artistico delle rassegne di teatro per le nuove generazioni dell’associazione culturale Ca’ Rossa APS, che opera ormai da quasi trent’anni in più di 25 comuni della provincia di Bologna attraverso attività didattiche, organizzative e produttive. A poco a poco e con l’aiuto degli artisti e delle artiste che ha conosciuto nei suoi anni di lavoro e con il sostegno del comune di Sasso Marconi e della Regione Emilia-Romagna è riuscito a realizzare un desiderio che nutriva da tempo: un Museo che attraverso installazioni immersive potesse ricreare l’immaginario fiabesco delle storie individuate dagli artisti, dalle artiste e dalle compagnie chiamate a collaborare a questo esperimento.

Alla fine di ottobre si è chiusa la quarta edizione del Piccolo Museo della Fiaba e del Racconto. Quest’anno è stato possibile visitare 9 allestimenti scenografici e installazioni site specific realizzati utilizzando diversi linguaggi e seguendo il filo conduttore del tema individuato per il 2024: le metamorfosi. Si tratta di un’iniziativa unica sul territorio, che nasce e si sviluppa in coerenza con i principi stessi di Ca’ Rossa, che viene fondata negli anni ‘90 per diffondere non solo il teatro, ma anche la musica, la danza e altre forme di arte ed espressione artistica nei Comuni dell’attuale Area Metromontana.

Si potrebbe dire che Il Piccolo Museo della Fiaba e del Racconto nasca all’incrocio di due sogni, quello di Maurizio Sangirardi e di Ca’ Rossa e quello del marchese Filippo Carlo Ghisilieri, che acquista nel XVIII secolo Villa Davia per realizzare un progetto di serena convivenza tra aristocratici, contadini e artigiani. Due desideri che si realizzano (potere delle fiabe!) nello stesso luogo, il Borgo di Colle Ameno. Di seguito un’intervista a Maurizio Sangirardi, che racconta l’esperienza del Museo e il lavoro dell’associazione culturale Ca’ Rossa APS, di cui fanno parte anche Matteo Belli, attore e presidente, Rossella Dassu, Luigi Sermann e altri operatori della scena bolognese.

Come nasce l’associazione culturale Ca’ Rossa?

Ca’ Rossa nasce nel 1997 dall’incontro di quelli che allora erano giovani operatori della scena tra cui attrici, attori, formatori, organizzatori e tecnici e prosegue il suo percorso fino a oggi. L’idea era quella di creare un gruppo di lavoro che potesse promuovere lo sviluppo di un nuovo Teatro d’Arte Popolare, inteso come attività didattica, organizzativa e produttiva rivolta ad un pubblico eterogeneo. Ci siamo quindi occupati della produzione di spettacoli, dell’organizzazione di rassegne e attività laboratoriali sia per gli alunni e le alunne delle scuole dell’Infanzia, Primarie e Secondarie che per le famiglie, all’interno di un territorio che un tempo aveva il nome di Cinque Valli bolognesi e che adesso confluisce nell’Area Metromontana della Città Metropolitana di Bologna. Da allora proponiamo spettacoli destinati sia agli adulti che al giovane pubblico, ospitando nelle nostre rassegne artisti e artiste, nazionali e internazionali, del mondo del teatro, della musica, della danza, della poesia e della letteratura.

Nel tempo il mio interesse nei confronti delle rassegne tout public o prettamente per l’infanzia è cresciuto (infatti a poco a poco le rassegne serali si sono ridotte per lasciare più spazio a quelle scolastiche e domenicali). Dopo aver frequentato un percorso formativo triennale per psicomotricisti ho scoperto il mondo del teatro per l’infanzia, che è molto più ricco di come l’avevo immaginato. Così come singolo, all’interno dell’associazione, mi sono specializzato soprattutto nella programmazione di spettacoli teatrali per le scuole e per le famiglie, in estiva e in invernale, nei comuni di Sasso Marconi, Pianoro, Castiglione dei Pepoli, Alto Reno Terme, Loiano. Esiste anche un’attività residuale nel comune di Monghidoro e di Budrio e ultimamente abbiamo ripreso la programmazione anche a Vergato, dopo cinque anni di interruzione. A questa attività primaria si aggiunge la promozione degli spettacoli di Matteo Belli, destinati per lo più a un pubblico adulto, e quelli di Rossella Dassu, che esplorano i temi della parità di genere e della prevenzione di comportamenti aggressivi e discriminatori nei confronti delle donne e delle bambine

Com’è iniziato il lavoro nell’attuale Area Metromontana?

Allora esisteva un cartellone unico di tutta la provincia bolognese che prendeva il nome di “Invito in Provincia”, ideato sulla scorta di una progettazione che credo fosse lombarda e realizzata in Emilia-Romagna da Marco Tamarri. Alle singole compagnie veniva affidata la direzione artistica e la programmazione culturale ad ampio raggio di spazi teatrali pubblici provinciali, costruiti o in costruzione. Credo che per contiguità territoriale (la nostra sede associativa si trovava a San Lazzaro di Savena) ci venne affidato un insieme di comuni che allora comprendeva Monterenzio, Pianoro, San Benedetto Val di Sambro, Monzuno e Monghidoro; man mano abbiamo lavorato in comuni vicini come Sasso Marconi, Castiglione dei Pepoli, Vergato e Marzabotto, con i quali l’attività è proseguita in maniera variabile: consolidandosi nel tempo o a volte cessando per poi riprendere in anni successivi.

È iniziato subito anche il lavoro con le scuole. Avviammo nel distretto scolastico 32, che era quello di San Lazzaro di Savena, percorsi laboratoriali seguiti da Rossella Dassu e da altre persone che non fanno più parte dell’associazione. È stato un lavoro molto importante che poi è proseguito nelle scuole di altri Comuni in cui non esisteva un’attività teatrale né consolidata né occasionale.

(foto di Patafisik, da commons.wikimedia.org)

Si potrebbe dire che avete portato il teatro dove prima non c’era. Immagino ci sia stato un grande lavoro di fidelizzazione degli spettatori e delle spettatrici di tutte le età…

Non c’erano spazi teatrali. A Pianoro si stava costruendo quella che poi sarebbe diventata la “Sala Arcipelago”, uno spazio più o meno adatto ad accogliere spettacoli. Esisteva però il teatro di Monterenzio, che è stata la prima sede produttiva dell’associazione. Fino ad allora nessuna compagnia aveva ancora lavorato in quei territori, o almeno non in maniera continuativa. Questo accadeva anche perché, come dicevo, non esistevano grandi spazi teatrali, se non alcune sale civiche, tant’è che le prime rassegne sono state quasi tutte in estiva, all’aperto, e seguitano ad esserlo. La nostra prima rassegna coincide con l’anno di costituzione dell’associazione, ha avuto luogo a Botteghino di Zocca e continua ancora oggi. Sono passati ormai 27 anni.

La fidelizzazione è avvenuta grazie alla costante partecipazione di scuole e famiglie alle nostre numerose iniziative sui territori. C’è stato da una parte il dialogo con le insegnanti, che hanno iniziato a coinvolgere le classi nelle attività laboratoriali e di visione degli spettacoli; dall’altra abbiamo cercato di costruire una programmazione culturale che potesse interessare spettatori e spettatrici di tutte le età. Soprattutto in alcuni comuni abbiamo rassegne teatrali tout public che occupano tutta l’estate e buona parte dell’inverno, spettacoli all’aperto o all’interno di teatri, in serale o matinée.

Nel tempo sono nate delle collaborazioni solide con molti degli artisti e delle artiste che hai incontrato in questi anni. Sei stato sostenuto anche da loro nella realizzazione di qualche sogno che avevi da tempo nel cassetto. Uno di questi è sicuramente Il Piccolo Museo della Fiaba e del Racconto…

Il Piccolo Museo della fiaba e del racconto è nato come contenitore di sogni teatrali. È da molto tempo che avevo questa idea. Desideravo realizzare un museo vero e proprio in cui i bambini e le bambine potessero ritrovare i “veri” oggetti delle fiabe, come dei reperti che si trovano normalmente nei musei: la mela morsicata di Biancaneve, il pisello de La principessa sul pisello, l’ossicino che Hansel porgeva alla strega al posto del suo dito… E poi pensavo di inserire all’interno di questi spazi museali degli attori e delle attrici che raccontassero la storia dell’oggetto esposto, oppure la relativa fiaba.

Il progetto è stato subito adottato dal Comune di Sasso Marconi, che lo finanzia quasi totalmente, ed è inserito nelle attività riconosciute dalla Regione Emilia Romagna attraverso la legge regionale 13/99. Il Sindaco Roberto Parmeggiani ha immediatamente sostenuto questa iniziativa, affidando la codirezione artistica ad Adriano Dallea L’amministrazione comunale di Sasso Marconi, oltre a concedere a titolo gratuito gli spazi della Villa e della foresteria e altri servizi, partecipa in maniera attiva attraverso i propri uffici al progetto stesso con la partecipazione sinergica della Dirigente di staff Cati La Monica, del responsabile dell’Ufficio Cultura Roberto Demaria e dell’Ufficio Stampa curato da Glauco Guidastri. Con l’entrata nel progetto di Dallea, si è pensato di cercare degli spazi nei quali rappresentare la fiaba attraverso suggestioni visive e sonore, allestimenti scenografici e partiture musicali, per ricreare l’immaginario fantastico alla base del racconto fiabesco o del racconto tout court. Si tratta in sostanza di un progetto installativo di scenografie che prevede la creazione di una mostra a carattere immersivo, incentrata sulle fiabe classiche della tradizione. Come in un museo i visitatori e le visitatrici possono aggirarsi all’interno degli spazi di Villa Davia nel Borgo di Colle Ameno a Sasso Marconi, dove in ogni stanza viene esposta una fiaba diversa con modalità e mezzi espressivi differenti. Volevo provare a rappresentare le fiabe insieme ad amici e amiche anche storici dell’associazione Ca’ Rossa, come gli Eccentrici Dadarò, Claudio Milani, Roberto Abbiati, Maurizio Bercini, i Kuziba, Simona Gambaro e il Consorzio Balsamico, con cui ho condiviso il percorso di organizzazione e allestimento di spazi dedicati inizialmente alla fiaba e poi anche al racconto.

Nei mesi di apertura del Museo sono previsti anche spettacoli di narrazione, che hanno luogo nei pressi dei tassi monumentali di Villa Davia. I nostri compagni e compagne di viaggio sono quindi attori, attrici, drammaturghi, registi, scenografi, costumiste e illustratori, che hanno tradotto in vera e propria opera d’arte il fulcro narrativo della fiaba prescelta e poi light designer e musicisti, che hanno realizzato il tessuto connettivo delle singole rappresentazioni delle fiabe e dei racconti presenti nel Museo. La direzione tecnica è affidata a Luigi Sermann, che è anche una delle guide entusiaste del Museo. Questo è il quarto anno in cui Villa Davia ha aperto le porte per quasi due mesi al lavoro di artisti e artiste che hanno allestito le stanze del Museo creando un immaginario forte attorno alle fiabe scelte, attraverso un viaggio sensoriale che vuole generare stupore e meraviglia.

Il Museo si trova all’interno di una splendida Villa che ha una storia molto particolare, che merita di essere raccontata. Inoltre è stata costruita in un luogo incantevole. Una fiaba nella fiaba, un museo nel museo…

Sì, gli spazi di Villa Davia che ospitano il Museo valgono già di per sé la visita. Villa Davia, che è parte del complesso monumentale di Colle Ameno, espressione dell’architettura illuminista bolognese di campagna, è stata acquisita nel XVIII secolo dai Ghisilieri, una famiglia senatoria molto potente, tra quelle che sostennero attivamente il proposito del Liber Paradisus, un libro contenente il testo di legge emesso nel 1257 dal Comune di Bologna con cui si proclamò l’abolizione della schiavitù e la liberazione dei servi della gleba. Il marchese Filippo Carlo Ghisilieri realizza lì il sogno del suo “colle ameno”, un luogo in cui trovarono dimora non solo tutta la sua famiglia, ma anche i contadini e gli artigiani che lavoravano per loro. In questo enorme complesso, quindi, di cui sopravvive restaurata solo una parte, si colloca Villa Davia, un edificio cinquecentesco che circa cinque anni fa è stato restaurato e dove oggi, da quattro anni, viene allestito Il Piccolo Museo della Fiaba e del Racconto.

(foto di Patafisik, da commons.wikimedia.org)

In che modo avete organizzato gli spazi del Museo nel corso di questi quattro anni?

Il primo anno, quando non sapevamo ancora bene dove sarebbe stato allestito il Museo, abbiamo avuto una compagine di artisti interessantissima, tra cui Maurizio Bercini (Ca’ Luogo D’arte), Danilo Conti e Antonella Piroli (Compagnia “Tanti cosi progetti” Teatro), Roberto Abbiati e Johannes Schlosser, l’associazione culturale pugliese Kuziba Teatro, Claudio Milani (MOMOM) e il collettivo teatrale Consorzio Balsamico, che si occupa soprattutto di teatro visuale per l’infanzia. L’artista Eva Miškovičová ha realizzato nella prima sala l’allestimento “Fiabe in scatola”, che accoglie da quattro anni visitatori e visitatrici all’ingresso del Museo, i quali iniziano già a interrogarsi su ciò che vedono. Di quale fiaba si tratta? Ne conosco veramente la storia? Stimolati dalle domande degli accompagnatori, osservano gli oggetti relativi alle fiabe presenti all’interno di piccole scatole nere. Fabrizio Visconti, invece, fin dall’inizio è il light designer del Museo. Questo momento iniziale è stato indimenticabile perché nessuno di noi si era mai confrontato con un’esperienza simile.

Da lì in poi abbiamo collaborato con i consueti compagni di viaggio, ai quali si sono aggiunti la compagnia TPO, Elisa Duca, l’attore e scenografo Fabio Galanti e la costumista Tanja Eick de La Baracca Testoni Ragazzi e Alessandro Lucci che quest’anno ha ricordato il centocinquantenario della nascita di Marconi con la sua installazione “Radio Fabula e l’intrepido Guglielmo”. Sia l’anno scorso che quest’anno è stata fondamentale l’attività indefessa di Naomi Lazzari e di Roberto D’Alonzo dell’associazione La Valigia di Cartone. Nel 2022 per ricordare l’opera del grande pedagogista Andrea Canevaro, scomparso nel maggio dello stesso anno, il Museo si è dato come titolo “Il bosco degli alberi, degli animali e delle paure”. Da qui in poi il Museo si è dato un tema. Nel 2023 è stato “Ritrovare la strada di casa”, quest’anno invece il titolo è “Metamorphosis” e per l’occasione Simona Gambaro ha allestito un’intera stanza dedicandola a Le Metamorfosi di Ovidio.

Siamo contenti perché le presenze nel tempo sono state buone: il primo anno abbiamo avuto circa 1600 visitatori e visitatrici, tra scuole e utenza libera, il secondo circa 1400 e il terzo anno 2700. Questo quarto anno, pur registrando molte presenze, circa 2000, è stato naturalmente molto penalizzato dalle ondate di maltempo che hanno colpito la regione.

Il futuro del Piccolo Museo della Fiaba e del Racconto?

Questa amministrazione è interessata a portare avanti il progetto. Ogni anno io e Adriano Dallea ci interroghiamo molto sui temi da sviluppare e sulle compagnie da coinvolgere (anche se con alcune la collaborazione è ormai consolidata) perché ci accompagnino e ci aiutino a trovare idee e anche paesaggi di riferimento per questa piccola sperimentazione.

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