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"Il Grande Zanarini". La risata è il miglior sortilegio

di Altre Velocità

Il grande Zanarini ovvero Ze sciò mast go on, testo inedito e cavallo di battaglia della compagnia Più o Meno Cabaret, una commedia ideata, scritta e diretta dal comico bolognese Gian Piero Sterpi e portata in scena l’8 febbraio al teatro Dehon di Bologna. L’incipit è un vero e proprio trucco di magia per portare il cabaret di Sterpi a teatro assieme a una carrellata di personaggi assurdi tutti alla ricerca di una risata. Il palcoscenico vuoto è l’unica ambientazione. Al centro, inamovibile, una sedia rossa con il vestiario di Zanarini: un mantello, la tuba e il bastone da prestigiatore, l’assenza che palesa tutti gli altri personaggi, la sedia che tutti vorrebbero occupare. A inizio spettacolo nessuno trova il celebre mago e le voci registrare degli addetti ai lavori bisticciano preoccupate. «The show must go on» ripetono come un mantra. E allora ecco che Sterpi, aiutato da Graziella Gandolfi, Francesca Grandi e Sara di Paola da inizio al gioco di travestimenti e cambi d’abito. Il cast femminile regge la scena ottimamente, sia come comprimarie che da personaggi soliste, ma inevitabilmente la mancanza di Sterpi, con la sua verve comica ed esperienza da navigato professionista, si fa sentire in tali passaggi. È lui il vero mattatore della serata, in grado di pilotare le risate del pubblico da completo solista nei momenti migliori grazie anche a una notevole capacità d’improvvisazione. Sterpi non si tira indietro, rompe spesso la quarta parete e dialoga direttamente col pubblico, scherzando più e più volte sul numero esiguo di spettatori presenti in platea. Sin dall’entrata in scena del primo personaggio viene dichiarata la dimensione giocosa e ironica: l’imbarazzata presentatrice interpretata da Graziella Gandolfi indossa un completo bianco, pantaloni a zampa di elefante e parrucca blu elettrico. Non andrà meglio agli altri personaggi, sempre agghindati con copricapi strampalati, abiti color pastello e protesi in gomma piuma. L’elemento dialettale è presenta con forza nello spettacolo, impiantato nelle sue origini bolognesi sin dal titolo. Il debutto della spaesata presentatrice è dedicato alla ironica difficoltà nell’individuare delle peculiarità nella città ospite, trattando Bologna come una delle innumerevoli tappe di una interminabile tournée. Le provocazioni dirette al pubblico, come non saper indicare un monumento caratteristico o un piatto culinario specifico, vengono accolte dagli spettatori con risate e suggerimenti urlati. Molti i passaggi in Bolognese, soprattutto le battute di chiusura quasi sempre recitate in dialetto per la soddisfazione degli spettatori. Dopotutto la missione di Sterpi è il più popolare possibile, la comicità impiegata è di grana grossa ma efficace nella sua semplicità: giochi di parole, sketch a base di pantomime clownesche, racconti di storielle assurde e commedia degli equivoci. Alcuni personaggi sono meno memorabili di altri, la coppia di vecchiette o il trio di ragazze hippie recitano battute abbastanza pigre e telefonate, ma tutti mantengono un certo livello di attenzione nel pubblico. Nel finale, in cui si scopre la sorte dello sventurato Zanarini, Sterpi affida la chiusura a una voce fuori campo per spiegare l’allegoria delle due ore di spettacole appena trascorse a beneficio di tutti: inutile cercare Zanarini, l’intrattenitore, il performer, lo showman, egli è già in ognuno dei personaggi che lo hanno sostituito, Zanarini è il palcoscenico, Zanarini è il teatro, viva il grande Zanarini.  

Mattia Napoli

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