Per il tuo bene, uno spettacolo di Pier Lorenzo Pisano prodotto dall’ERT e vincitore della dodicesima edizione del premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli”, immerge lo spettatore in una dimensione esistenziale. Una corsa perdifiato che cerca di trovare il bandolo della matassa di una delle questioni più grandi della vita: dove inizia un genitore e dove un figlio. La scena in penombra, rinchiusa in una cornice che suggerisce il frame cinematografico, si apre agli occhi dello spettatore, suggerendogli in questo modo lo stato psicologico del protagonista. Le due sole figure illuminate da un unico faro, ora protagoniste, interpretanti una madre e il figlio, sono intente a scambiarsi convenevoli che si perdono tra i viali labirintici della comunicazione tipica del genitore; l’uno legato all’altra da un telefono, simbolo del rapporto ora diventato a distanza, costruiscono dialoghi schietti e incisivi, dove la madre si sofferma più a chiedere perché il figlio non ha risposto ai suoi messaggi piuttosto che interessarsi al resoconto effettivo della vita del figlio lontano da casa. Fin da subito, si lascia trasparire la sottile presenza dell’universale senso di colpa presente durante tutta la pièce. La differenza degna di nota di questo spettacolo la si trova proprio nei dialoghi, nell’uso sarcastico delle battute che fanno intendere l’insofferenza di entrambe le parti coinvolte nel rapporto ormai stretto e incapace di evolvere. Ma questi dialoghi non sono i soli a dipingere il quadro dello spettacolo. C’è l’intero universo familiare descritto dai monologhi con cui ogni parente, ora protagonista, descrive il suo punto di vista. Il fratello minore di fatto risulta essere il perfetto escamotage per descrivere la dimensione amorosa. Il frame prima rinchiuso, viene ora superato e illuminato dalla fidanzata, autodefinitasi «moglie temporanea madre contemporanea», che il fratello minore è riuscito a conquistare grazie ai consigli del “fratellone”; lo zio, chiamato così per intendere il classico parente troppo lontano per sentirlo più di una volta l’anno, rappresenta quella parte di famiglia con cui quasi nessuno vuole avere rapporti ma che tocca mantenerli perché in fondo è di famiglia; la nonna, che con una brillante soluzione scenica diventa “NONNAMAT”, ricopre l’unico ruolo per lei possibile: la dispensatrice di mance dopo la rituale visita mensile da parte dei nipoti. E poi il cortocircuito, cui l’intera scena “cade”, attorno cui tutta la pièce ruota: l’improvvisa e incomprensibile assenza del padre, più volte riportata in scena dalla fatidica domanda «Come sta papà?». Una domanda portatrice del cambio epocale a cui la famiglia è costretta ad adattarsi ma che in fondo difficilmente si sente in grado di fronteggiare; una situazione in cui l’incapacità di evolvere i rapporti porta all’esasperazione un contesto già di per sé soffocante. La seconda metà dello spettacolo diventa così una rapida salita verso il punto più basso; una vertiginosa linea qui disegnata da un tavolo saliscendi che separa la quotidianità dei pranzi dalla straordinarietà che la morte porta con sé. Pisano con questo spettacolo è riuscito nell’intento di ridare nuova voce a una delle questioni più esplorate, non solo all’interno del panorama teatrale, ma anche di molta produzione culturale prodotta fino oggi: i rapporti umani nella loro veste più universale e viscerale, quella familiare.
Margherita Piccoli
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.