La partenogenesi di un amore, la composizione e la scomposizione dei corpi come fossero regoli colorati per imparare a contarsi (e a sottrarsi) in uno spazio fisico e digitale; un ordigno di ingegneria didattica tout court. Questi sono soltanto alcuni degli aspetti che caratterizzano Genoma scenico, performance danzata interattiva ideata da Nicola Galli. Lo spettacolo inaugura il progetto Residenze Digitali, bando al quale hanno partecipato 398 compagnie italiane e straniere. All’interno di questo contest, Genoma scenico rappresenta un generatore di interazioni che si muove schizofrenicamente tra elementi virtuali, gioco e onestà creativa. Lo spettatore si accorge che il corpo attoriale non è scomparso, non si è smaterializzato, bensì è solo stato diviso in piccoli horcrux: una chat, un apparato di tessere e una live streaming.
A partire da questa esperienza abbiamo chiesto a Nicola cosa l’ha spinto a partecipare al bando in questione, se fosse la sua “prima volta” col digitale e tante altre cose. La genesi genomica iniziava con un verbo, no?
[question]Cosa ti ha spinto a partecipare al bando Residenze Digitali? Avevi già pensato di lavorare con il digitale prima della pandemia?[/question]
[answer]«Ho deciso di partecipare al progetto perché mi è sembrato puntuale rispetto a quanto stava accadendo in questo momento: si delineava, con molta fretta e forse con poca criticità, un panorama simile a un imbuto, dove tutte le realtà si stavano adoperando per entrare nel mondo del web – chi con più esperienza e chi invece con un gap digitale da dover colmare. Residenze Digitali mi ha invece dato l’idea di essere un progetto che, seppure con un budget ridotto, centrava l’obiettivo di creare contenuti ad hoc per il digitale e…»[/answer]
[answer]«Usare il pc è sempre stato, per me, necessario alla pianificazione. Questa è stata la prima volta in cui ho ideato da zero un formato per il digitale».[/answer]
[question]Il teatro online può avere una sua autonomia e sopravvivenza nel tempo o rappresenta per te una glossa scenica temporanea?[/question]
[answer]«Penso che il teatro in digitale possa avere un futuro indipendente e mi auguro che non sia come quello della televisione, cioè di diventare un catalogo da guardare on-demand perché, per quanto possa essere interessante la forma di registrazione, la trovo abbastanza museale come scelta, nel senso che hai dei prodotti conchiusi con una loro identità storica».[/answer]
[question]Cosa significa per te performare nel deserto emotivo di questo periodo, nella dissociazione di questo momento?[/question]
[answer]«Le prime repliche erano un’incognita, quasi la stessa del salire sul palcoscenico per la prima volta. Quel brivido lo provi una volta e non torna più. Ecco, in Genoma scenico online ho provato quella forte adrenalina per quanto riguarda l’aspetto tecnico, perché lo spettacolo di per sé era rodato. Avevamo l’incognita del “funzionerà tutto?”, soprattutto perché non ci trovavamo di fronte al volto del pubblico e non sapevamo come avrebbe reagito, lì disperso nell’etere. Ci sono state delle repliche più silenziose, in cui il pubblico cercava di essere molto ligio rispetto agli scopi della performance, mentre qualche altra replica era piena di confronti chat tra i fruitori. Una volta abbiamo avuto un problema con uno spettatore “troll” che aveva creato un po’ di zizzania nel pubblico e non eravamo pronti a bannarlo, non avevamo proprio lo strumento per poterlo fare. A teatro, se disturbi, la maschera ti invita ad andare fuori, ma non è una regola scritta, quindi come si può applicare nel mondo digitale? Quando l’elemento di disturbo mina la possibilità altrui di giocare?»[/answer]
L'autore
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Si laurea al Dams con una tesi sul sacrificio dell'essere al mondo. Arde per il teatro, si interessa di subcultura punk, iconografia cristiana e ha intrapreso una collaborazione a un progetto zooantropologico.