Sono ormai tre settimane che seguo Fiabe della buonanotte a cura di Fabrizio Pallara, un progetto del Teatro delle Apparizioni in collaborazione con CSS di Udine, Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Gulia, e Teatro di Roma, per i cartelloni #iorestoacasacon e #iosonomecenate.
L’idea è quella di finanziare direttamente, come privati o come aziende, il lavoro dei teatranti coinvolti nell’iniziativa, donando tramite l’ArtBonus predisposto dal Ministero dei beni e delle attività culturali (tutte le informazioni qui), che va ad aggiungersi al cachet predisposto dal CSS. Una forma di incontro tra il teatro in video diffuso gratuitamente su varie piattaforme, di cui abbiamo fatto esperienza in queste ultime settimane – i video del CSS, infatti, sono comunque disponibili per tutti sia in diretta che in streaming sul sito cssudine.it e sulla pagina Facebook – e sperimentazioni che puntano a retribuire, almeno in parte, il lavoro dei teatranti. Un progetto qui particolarmente notevole perché riguarda il settore più in crisi, ma anche quello che sta sperimentando di più, e non necessariamente online: si pensi a Favole al telefono al telefono, spettacolo di Campsirago Residenza reinventato in una lettura interattiva delle Favole al telefono di Rodari tramite telefono fisso, riappropriandosi del mezzo analogico (il link qui).
La voce, in questo spazio online quotidianamente bombardato di stimoli visivi, sembra aver ritrovato un potere di cui non godeva da molto tempo, sganciandosi dal video per sfruttare appieno le sue potenzialità immaginifiche. A questa sperimentazione Fiabe della buonanotte aggiunge la ricerca visiva, nello spazio di casa, di un teatro fisico, all’incrocio tra un set cinematografico – parliamo pur sempre di video – e una scenografia. Pallara ha ricavato una stanza da quattro tende, all’interno della sua camera da letto; ha posizionato luce e controluce per proiettare le ombre cinesi; ha preso un comodino come leggio e su una lavagnetta di grafite, nascosta da un telo, propone il titolo della fiaba suonando un carillon. Un teatrino semplice, artigianale, di fortuna, capace tuttavia, proprio per questo, di restituire la magia di un rito, assegnandogli uno spazio, un tempo, una cura. L’elemento dell’artigianalità, nel costruire; del sospeso, in questo spazio virtuale; del provvisorio, ma insieme proprio perché provvisorio prezioso, significativo, denso di qui, ora, noi: tutti elementi estranei alla performance ma che intervengono sull’atto di visione arricchendolo. Un teatro sì, per bambini, ma anche – e forse soprattutto, visto il grande successo che stanno riscuotendo queste proposte – per adulti.
Va ricordato che Pallara, oltre che autore, regista e attore, è anche fondatore del Teatro delle Apparizioni, di cui dal 1999 allestisce eventi e scenografie e con cui da più di dieci anni porta avanti progetti di esplorazione dello spazio dove adulti e bambini si incontrano per dialogare. Indagando le possibilità del teatro sensoriale, d’attore, di figura, di narrazione, il rapporto con la platea, lo spazio scenico, i differenti pubblici del teatro ragazzi. E svolgendo, dall’esordio nel 2000 con Gobbo il re, storta la regina, un lungo lavoro sulla fiaba – per citare solo alcune delle diverse esperienze, Apparizioni II: la favola, La stanza dei segreti, Fiabe Pop Up e molte altre ancora – in cui Fiabe da tavolo, 2018, è forse l’antenato più vicino: sei valigie per sei storie, i cui ingredienti vengono estratti e rivelati piano piano, disposti su un tavolo che diventa palcoscenico. Scrive Pallara di Fiabe della buonanotte, sul sito: «Poco prima di dormire vi accompagnerò in questa vecchia e nuova avventura, in questo rito antico. Ogni volta vi svelerò quale sarà e poi, come un regalo, lentamente la scarterò con voi, parola per parola».
La metafora di scartare è azzeccata. È il tempo, dopo lo spazio, l’elemento che emerge e si impone nella visione. La lettura di Pallara è lenta, calma, paziente, come se anticipasse un grande colpo di scena – che ovviamente non arriva mai, perché il gioco della favola è proprio conoscerla. Si prende il suo tempo, ci chiede il nostro, ne restituisce un terzo, nuovo, noto e insieme sconosciuto: il tempo del racconto. Il rituale inaugurato con la costruzione del teatrino, come un tempio che accolga una funzione, si svolge ora attraverso la pronuncia delle parole magiche, dove è l’esercizio di ripetizione che fa avverare la fantasia. Ecco allora che in questo tempo molle, sciolto su sé stesso come gli orologi di Dalì, plasmato dalla soggettività della solitudine, viene restituito alla forma del teatro. Chiuso in un luogo e in un orario, in un corpo, in una performance, ma insieme liquido, capace di sgusciare fuori dalla sala, di scorrere silenzioso lontano dall’edificio che lo contiene, di riversarsi invisibile in ogni piega di quello che viviamo. Questo, mi sembra, faccia Pallara con le Fiabe della buonanotte.
Ogni domenica, mercoledì e venerdì fino al 3 maggio, alle 21:00, in diretta su https://www.facebook.com/cssudine/.
Elena Magnani
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.