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Fare teatro e critica in Moldavia. Conversazione con Rosanda Curca

di Francesco Brusa

Rusanda Curca è critica, assistente alla direzione artistica del Teatrul Ionesco (http://tei.md/acasa), nonché fra le organizzatrici del festival Verbarium di Chisinau. Con lo Ionesco, propone una stagione che unisce programmazione di repertorio a momenti di ricerca, in cui ad essere invitati sono spesso artisti internazionali. Verbarium è invece il primo festival internazionale di drammaturgia contemporanea di Chisinau, che nasce proprio per sopperire alla carenza di autori e testi “nuovi”. Nonostante la quasi assoluta mancanza di fondi, il festival si alimenta della circolazione delle idee, che crede fondamentale per la nascita di un movimento teatrale nazionale.
Con lei ripercorriamo l’evoluzione della scena moldava, cercando di identificarne problemi e peculiarità. Le foto sono di Francesco Brusa e Giuliana Califano. 

Come sei arrivata a svolgere l’attività di critica teatrale? Esiste un percorso canonico in Moldavia?

Ho studiato all’Accademia di Belle Arti a Chisinau ma non posso dire che quella di critica sia la mia attività principale. Appena conclusa la laurea ho infatti iniziato a lavorare come assistente alla direzione artistica del Teatrul Ionesco e, allo stesso tempo, collaboro con alcune riviste di Chisinau cercando di descrivere la scena nazionale e, per quanto posso, straniera. Penso infatti che la possibilità di aprirsi a influenze diverse e la capacità di gettare lo sguardo oltre i nostri confini sia di vitale importanza per il teatro. Perciò partecipo il più possibile a festival che si svolgono fuori dalla Moldavia, riportando la mia esperienza.

Ci potresti dare una breve descrizione della situazione della critica teatrale in Moldavia?

Non si può parlare di critica teatrale in senso stretto: i giornalisti che normalmente scrivono di teatro si occupano di cultura in maniera generale. Di solito, le riviste o i quotidiani maggiori hanno una persona che, appunto, cura la sezione culturale in cui rientra anche il teatro. Di fatto, i critici teatrali specializzati non sono più di 3-4 a Chisinau e sono principalmente confinati in ambito accademico. Questo perché è sostanzialmente impossibile ottenere remunerazione per l’attività critica in quanto tale e chi scrive di teatro svolge anche un’altra occupazione, come me d’altronde. Ma non mi lamento: se, da una parte, questo riduce la tua indipendenza, dall’altra, ti lascia maggiore libertà nel seguire i tuoi ritmi e percorsi critici.

È sempre stato così o si tratta di una situazione che si è evoluta nel corso del tempo?

Decisamente è il frutto di un cambiamento. Negli anni che vanno dal 1991-1992 al ’96 abbiamo avuto un vero e proprio “boom” teatrale a Chisinau, sulla cui onda si era sviluppata anche un’attività critica molto intensa che è durata fino al 2000 circa. Dopodiché, si è entrati in un generale declino. È chiaro che lo stato di salute della critica va di pari passo con quello degli spettacoli. Dopo l’indipendenza, sono stati fondati molti teatri, tra cui lo stesso Ionesco o il Pocket Theater, che con la costruzione di un repertorio interessante hanno permesso la nascita parallela di un gruppo di critici che la analizzassero. E, aggiungo, c’era uno scambio costante e costruttivo fra artisti e critici, che allora godevano di una posizione e un’autorevolezza di gran lunga maggiori che adesso.

Quali sono le cause del declino di cui parli?

È difficile dirlo. Penso che un motivo, a livello di critica, sia certamente rappresentato dal sistema accademico, che non garantisce una reale preparazione. Dopo l’iniziale energia dovuta forse al carattere di novità che contrassegnava la situazione post-indipendenza, non si è formata una classe di insegnanti che potesse trasmettere alle generazioni successive una conoscenza approfondita del campo teatrale. Si sono così generati un disinteresse diffuso e anche una maggiore superficialità nell’accostarsi all’ambiente teatrale.

Com’è il rapporto fra il teatro tradizionale e quello contemporaneo, più di ricerca?

Direi che sono due mondi separati. Il pubblico, in generale, non è educato ad assistere a spettacoli e testi contemporanei. Tuttavia, partecipa comunque alle performance più sperimentali, poiché concepisce spesso l’andare a teatro come un’abitudine. Allo Ionesco succede proprio questo. Presentiamo sia spettacoli più tradizionali che proposte contemporanee e il pubblico è più o meno sempre lo stesso. C’è da dire però che le reazioni sono molto diverse: difficilmente uno spettacolo di ricerca riscuote successo.

Quale pensi sia il maggior problema che il teatro di ricerca deve affrontare in Moldavia?

Sicuramente quello di un mancato riconoscimento a livello istituzionale. È praticamente impossibile ottenere finanziamenti per un progetto indipendente dal Ministero della Cultura moldavo. Per questo, alcune realtà (come è il caso di Teatru Spalatorie) gestiscono altre attività da cui possono ricavare un profitto oppure si rivolgono all’Unione Europea per trovare fondi. Inoltre, ma sono due questioni interconnesse, c’è un forte conflitto generazionale: non c’è alcuno spazio per i giovani nel teatro istituzionale. Le posizioni più importanti sono occupate da registi al termine della loro carriera, che difficilmente aprono a iniziative nuove e appena fuori dai canoni. Perciò, molti artisti stanno andando all’estero, dove magari lavorano anche gratuitamente ma almeno trovano mezzi e un ambiente che li supporti. In generale, c’è molta rivalità piuttosto che collaborazione e questo ovviamente blocca qualsiasi tipo di sviluppo.

Come è nato il festival Verbarium? Qual è l’urgenza che lo guida?

In qualche modo è frutto del “boom” ci cui ti parlavo, che, ripeto, non ha riguardato solo il teatro ma l’intera sfera culturale. È in quegli anni infatti che è nato il Centro per la Drammaturgia Contemporanea da cui poi Verbaria sarà organizzato. La necessità che ci ha spinto a creare un festival di questo tipo è la carenza di testi contemporanei nella scena moldava: oggi, a parte Nicoleta Esinencu e pochi altri, non esistono drammaturghi. Abbiamo allora pensato di inviare giovani scrittori di teatro internazionali a esporre semplicemente i propri testi (non c’erano abbastanza fondi per una messa in scena) e a condurre workshop, nella speranza di accendere qualche scintille nella stagnante situazione moldava.

ENGLISH VERSION

Rusanda Curca is a critic, assistant artistic manager at Teatrul Ionesco (http://tei.md/acasa) and one the organizers of Chisinau’s Verbarium Festival. Within Ionesco she presents a season merging repertory and experimental pieces, where international artist are often invited. Verbarium is the first contemporary international drama festival in Chisinau, established with the purpose of providing for the lack of new playwrights and plays. Despite the complete lack of funding the festival is financed by the synergy of ideas, central to the birth of a national theatre movement. We are about to discuss with her the evolution of Moldavian theater with the purpose of identifying problems and specificities. 

How did you become a theatre critic? Is there in Moldova a canonical path to become one?

Despite having studied fine arts in Chisinau my foremost activity is critic. Soon after completing the fine arts degree I started working as an assistant in the Ionesco Theatre’s stage management and, at the same time, contribute to a number of magazines aiming at depicting the national and, as much as possible, international scenario.
I believe it is vital for theatre to open beyond boarders and cast a wide net on new inspirations. That is why I spend as much time as possible in festivals outside Moldova, delivering back my valuable experience. 

Could you give us a snapshot of the situation Moldavian theater critique is in?

It is hard to speak of proper theatre critique in Moldova: normally journalists specialized in theatre write of culture in general. Major magazines and newspapers have someone who delivers the cultural pieces, which sometimes discuss theatre; but in fact there are no more than 3 or 4 specialized critics mostly confined in the academia. That is because it is impossible to live off theatre critique alone and those who write have another job, as I do. I can’t complain: even if I can’t give myself fully to it, I’m free to follow my pace and paths.

Was it always like that or it changed over time?

The situation definitely changed: during the years between 1991-92 and 1996 Chisinau literally had a boom in the theatre scenario and along with it an intense critic activity developed and lated until about 2000. Afterwards the decline started. Obviously, the well being of criticism reflects the well being of the plays it criticizes.
Several theatres were established after independence, the Pocket Theatre and Ionesco among others, delivering a repertoire that allowed the formation of groups of critics analyzing it. There was, I must say, a constant and positive exchange between artists and critics, whose prestige and standing went declining over the years.

What caused the decline you speak of?

It’s hard to say. As far as critique is concerned one of the causes is certainly the lack of expertise the academia has had in delivering real competence and skill: when the initial wave the post-independence situation provided waned a class of teachers that could carry on to the next generation was not present. The result was a generalized lack of interest and a growing superficiality.

What is the relationship between traditional and contemporary theatre?

They’re two separate worlds. Generally, the audience is not ‘trained’ for contemporary plays and pieces. Nonetheless, people participate to the most radical performances because it conceives theatre as a habit. At Ionesco this is the trend. We present both traditional and experimental material and the audience is more or less the same. The difference is the reception: experimental plays are hardly successful.

What is the greatest problem experimental theatre in Moldova is facing?

Without a doubt it is the lack of institutional recognition. Practically it is impossible to obtain financing from the Moldavian Ministry of Culture for an independent project.
That is why certain entities (as it is the case of Teatru Spalatorie) rely on other activities for funding or turn to the European Union. Furthermore there is a strong generation gap: institutional theatre doesn’t provide space for the youth. Old directors at the end of their career, unwilling to open towards new initiatives outside canonical theater, occupy the most important positions. Most young artists are leaving abroad where they can find a supportive environment. Truth is that there is too much rivalry rather than synergy and this obviously blocks any possible development.

How was the Verbarium Festival established? What urgency drives it?

The festival is somehow the stepson of the general cultural boom we discussed before. During those years the Centre for Contemporary Drama was founded and from there Verbaria Festival was organized. The lack of contemporary drama was what pushed us to create the festival: nowadays, except for Nicoleta Esineancu and a few others, there are no dramatists. We then invited young international playwrights to present their work (we didn’t have enough money to stage them) and organize workshops hoping this could spark something in the stagnating Moldavian scene.

Revisione inglese a cura di Raffaele Cavalli

L'autore

  • Francesco Brusa

    Giornalista e corrispondente, scrive di teatro per Altre Velocità e segue il progetto Planetarium - Osservatorio sul teatro e le nuove generazioni. Collabora inoltre con il think tank Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, occupandosi di reportage relativi all'area est-europea.

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