Enimirc di Fagarazzi & Zuffellato possiede due facce, una nera e una bianca. A seconda di come e dove lo si guarda, dirige e condiziona e in maniera scoperta prescrive codici di fruizione. A Santarcangelo 40 avevamo scritto una nota che risolveva la questione solo dopo aver partecipato al “meccanismo”, ma la prospettiva opposta spinge ora a rivedere quanto percepito.
Di fronte a noi vediamo una ventina di persone che indossano maschere e vengono manipolate, posizionate, dirette. Noi come loro ci aggrappiamo a tracce audio che evocano uccisioni e scenari massmediatici (notizie del Tg, urla da b-movie, jingle radiofonici). Dalla platea ci scopriamo a osservare un manipolo di malcapitati: noi ci sentiamo al sicuro – ci è dato “solo” guardare – così ci riteniamo assolti e a tratti ridiamo di ciò che sono costretti a fare. Gli occhi scrutano figure mascherate da topi e maiali eseguire azioni in apparenza scollegate, non fosse per la cornice del crimine rimandata in audio. Uno di loro ha la maschera da cavallo e viene spinto a mettersi a quattro zampe. Un altro sferra coltellate nell’aria, poi tutti vengono stretti in un gruppo e iniziano a ballare. Ma anche i contorni di ciò che vediamo si spostano, quando a poco a poco capiamo di non essere i soli a osservare, a registrare, a captare. C’è un ordito che non arriviamo del tutto a comprendere e gradualmente diventa chiaro che il nostro sguardo “oggettivo” non basta, non ci garantisce quel punto di vista complessivo in grado di risolvere l’enigma, qualunque esso sia.
Così Fagarazzi & Zuffellato, insieme al gruppo Aqua-Micans, non c’illudono, non ci consolano, non ci danno chiavi né costruiscono finzioni per mandarci a casa soddisfatti. Altrove sono già in molti che, dentro a una scatoletta, manipolano il nostro sentire, “creano” il nostro desiderare. Qui opera un meccanismo che potrebbe sul serio uscire dal teatro, rompendo il fragile limite della cornice, e che c’induce a interrogarci su cosa stiamo vedendo, su come guardiamo, su quale sia la nostra posizione. Enimirc statuisce dei modi di fruire, si diceva, ed è proprio nei vuoti, nelle pause di questa prescrizione che può accostarsi qualche domanda a margine di ciò che abbiamo scrutato e percepito, per comprendere se sia stata davvero “tutta colpa loro”, come viene naturalmente fatto di pensare.
Dentro a questo margine, all’interno del congegno, Enimirc sussurra indizi che riportano al mondo in cui viviamo, allo Spettacolo che ben conosciamo, scegliendo di sostare in quel mezzo che sta poco prima di una presa di posizione, poco prima di una facile seduzione.
L'autore
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Tra i fondatori di Altre Velocità, è assegnista di ricerca presso il Dipartimento delle Arti all'Università di Bologna, dove insegna Discipline dello spettacolo nell'intreccio fra arte e cura (Corso di Educazione professionale) e Nuove progettualità nella promozione e formazione dello spettacolo al Master in Imprenditoria dello spettacolo. Immagina e conduce percorsi di educazione allo sguardo e laboratori di giornalismo critico presso scuole secondarie, università e teatri. Progettista culturale, è tra i fondatori di Altre Velocità e dal 2020 co-dirige «La Falena», rivista del Teatro Metastasio di Prato. Fa parte del Comitato scientifico dei Premi Ubu. Usa solo Linux.