Lo spettacolo inizia. Una ragazza diafana, i lunghi capelli a coprire il viso e il petto, avanza verso il centro della scena. I capelli, scostati, rivelano un torace ingabbiato in un corpetto di plastica rigida, che contrasta con la delicatezza e la trasparenza del tulle che ne rivela le forme. I pugni si stringono e si aprono con estrema intensità espressiva. Rabbia, una rabbia impotente. Perché presto qualcuno toglierà la coperta dalle spalle di Otello e lo spettacolo mortifero della gelosia inizierà, anche stasera.
Otello Circus, andato in scena il 31 gennaio e il 1 febbraio all’Arena del Sole, è frutto della collaborazione tra la compagnia Teatro la Ribalta, diretta da Antonio Viganò, e l’orchestra AllegroModerato. Entrambe hanno in comune il carattere inclusivo: musicisti e attori con disabilità e non condividono la scena in modo paritetico, senza pietismi ma al contrario con grande professionalità. A colpire è proprio la perizia tecnica degli artisti, che danno vita a uno spettacolo di altissimo livello in cui il teatro fisico si appropria della tragedia di Shakespeare e l’orchestra passa con disinvoltura dalla canzone popolare al melodramma di Verdi.
Il lavoro sugli attori rispetta le caratteristiche uniche di ogni interprete, valorizzandole in senso espressivo e drammaturgico. Non si è in grado di dire con precisione dove inizi il personaggio e dove finisca l’attore. La balbuzie di Otello aggiunge pregnanza alle sue parole, la sua fisicità aspra dà corpo a un personaggio spaventato dall’intimità. Desdemona al contrario, piccola e bionda, irradia energia e pura felicità, incarnando l’ingenuità di un amore che non riesce neppure a concepire il veleno della gelosia.
L’impatto emotivo è fortissimo. I toni spesso sopra le righe, gli inserti comici e i numeri da circo non bastano a mitigare la tragedia, mentre noi spettatori diventiamo testimoni della trasformazione dell’amore da favola tra Otello e Desdemona in una inesorabile macchina di morte. La critica di genere sul finale si fa esplicita: Desdemona è vittima innocente delle passioni e delle macchinazioni degli uomini. Uomini tutti bocca – sentiamo dire – che, dopo aver divorato le donne, quando si stancano di loro le sputano.
Forse non tutto funziona al cento per cento. Forse la recitazione generica e poco energica del “normodotato” Iago stona rispetto alle performance intense e precise e ai personaggi caratterizzati dei suoi colleghi “diversi”. Forse i brani dell’opera non sempre esaltano la forza dell’azione, forse a volte la sovrastano e ne riducono l’intensità. Forse. Ma quello che conta veramente di uno spettacolo è ciò che ci lascia. E dopo, sull’autobus che mi ha riportata a casa, le lacrime mi rigavano il volto senza che potessi far nulla per fermarle. E senza sapere bene il perché.
Sofia Abatangelo
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.