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Ascanio Celestini: comunicare contro la divisione sociale

di Altre Velocità

La maschera neutra è un esercizio utilizzato nelle scuole di mimo per imparare a comunicare senza far trasparire emozioni. Pare infatti che di fronte a un tale esercizio, si crei un’aspettativa fisiologica nel nostro cervello che conduce una sorta di un blackout generale. Cosa può significare, quindi, parlare a un pubblico immaginario, un pubblico che non ti può restituire il suo contatto visivo, le sue emozioni, come se parlassimo a un muro?
Ascanio celestini con i suoi “video-racconti” prova rispondere a una simile domanda. Si tratta di monologhi per comunicare, per dare un messaggio e, magari, strappare un sorriso. In perfetto “stile Celestini” che, nonostante la situazione che ci vede chiusi in casa e seppure dietro uno schermo, comunica con un pubblico immaginario, intangibile, raccontando una storia. Di base, infatti, persino in un dialogo solitario c’è bisogno di comunicazione, forse più di una conversazione a più parti: è ancora più profonda la necessità di fare uscire un pensiero e accendere delle lampadine. E’ un momento catartico, le energie positive iniziano a mancare, ci chiudiamo in noi stessi e nelle nostre paure, oppure le affrontiamo con positività, quasi a volerle distruggere, pur di sopravvivere. Pur di sapere che, con i nostri discorsi con gli altri che sembrano monologhi adesso, ci sia un messaggio che viene captato.
Trovo il progetto di Celestini interessante per questo motivo: senza stimoli esterni, senza vivere a pieno la nostra vita, stiamo perdendo anche la capacità di comunicare e di trasmettere emozioni, messaggi, di qualunque tipo. Siamo chiusi tra le mura di casa nostra, prigionieri di un mondo fuori di cui non sappiamo più nulla. E anziché aggrapparci a quel poco di vita che rimane attorno, nei fiori, nei sole, nelle api e la natura che va avanti e se ne frega di tutto, preferiamo difenderci da ogni cosa, anche bella, senza pensare che così stiamo solo, privi ormai di forza, cedendo a questo sistema emotivo disfunzionale.
Celestini cerca, attraverso il suo stile, di dare messaggi che non portino alla divisione sociale, affrontando tematiche importanti quali il razzismo, l’emarginazione, la diversità. E lo fa con storie da paesello semplici semplici, che all’inizio possono sembrare la cosa più banale di questo mondo, poi riflettendoci meglio riesci a comprenderne l’importanza.
In questo momento non possiamo permetterci di dividerci e vederci nemici, nonostante gli stati d’animo ci portino a tirare fuori il peggio di noi. Ci difendiamo, soprattutto da chi ci vuole bene, perché è più forte la paura di rimanere soli, che l’altro ci freghi.
Incredibile come da un intento prevalentemente comico, possano scaturire anche pensieri così profondi, come quelli che ho appena descritto. È teatro? È un modo diverso di affrontare il cambiamento? Forse, o forse è l’unico modo che abbiamo di creare un contatto, in attesa di poterlo fare di persona. Io non credo a questa politica del teatro virtuale, io credo che semplicemente si tratti di comunicazione, quello di cui oggi abbiamo più bisogno in assoluto.
Soprattutto adesso.

Qui, Racconti di Ascanio Celestini

Arianna Cammarota

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