Il 14 marzo, in diretta su Youtube da Bolzano29, sono andate in streaming Le Buone Pratiche 2020, un progetto dell’associazione culturale Ateatro curato da Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino e che dal 2004 raccoglie centinaia di professionisti, del mondo dello spettacolo e non, per discutere di teatro. Il tema scelto per il 2020 era “Lo spettacolo dal vivo nello spazio della cultura contemporanea”, un’occasione per pensare insieme al ruolo del teatro nell’odierno scenario culturale e mediatico, sempre più digitale e di consumo immediato. Ma ad oggi, con i teatri chiusi ormai da mesi, gli interrogativi si sono moltiplicati. Citando dal sito (http://www.ateatro.it/webzine/2020/03/09/bp2020-ateatro-non-si-arrende-le-buone-pratiche-del-teatro-in-diretta-streaming/) di Ateatro:
«Oggi, con i teatri deserti (e tribunali e parlamento in pratica chiusi, con le elezioni sospese e fortissime limitazioni alla nostra mobilità), la domanda sul senso e sulla necessità dello spettacolo dal vivo assume implicazioni ancora più articolate e complesse. Il teatro e la peste intrattengono una relazione molto stretta: almeno dai tempi di Edipo, specchiarci in quello che accade sulla scena ci consente di portare alla luce e discutere le malattie superficiali e profonde degli individui e della società. E di farlo collettivamente, in uno spazio pubblico e aperto. Quali possono essere oggi quegli spazi? A quali condizioni le scene e le piazze virtuali possono essere spazi di condivisione e di crescita personale e collettiva? In questo processo, quale deve essere la dialettica tra la scena del reale e la scena virtuale? In questa dialettica, la scena teatrale ha ancora un ruolo?».
Queste e molte altre le domande a cui si è tentato di offrire risposta nel corso delle quasi sette ore di dibattito. La lista degli ospiti è lunghissima, in rappresentanza di numerosi festival, associazioni, riviste, università, iniziative, sindacati e rappresentanze politiche. Un primo gruppo di interventi ha proposto le proprie “buone pratiche di resistenza” per reagire all’attuale crisi, raccontando Lo stato delle cose: cosa sta succedendo nel mondo del teatro, soprattutto da un punto di vista istituzionale e politico. «I danni economici e normativi che il comparto sta subendo richiedono interventi tempestivi», ha riassunto Francesca D’Ippolito di Cresco, Coordinamento della Realtà della Scena Contemporanea, che in Italia raccoglie numerose realtà teatrali indipendenti.
Preoccupante il danno economico delle programmazioni saltate e probabilmente irrecuperabili, il raggiungimento dei parametri necessari alle imprese per sopravvivere, lo scioglimento delle compagnie; preoccupante la situazione dei lavoratori dello spettacolo, in particolare quelli autonomi, intermittenti, dipendenti di piccole e medie imprese, che non hanno potuto beneficiare del CNN. Ha fornito in merito qualche dato Anita Di Marcoberardino, rappresentante di AGIS Lombardia, la regione che da sola rappresenta il 25% degli incassi al botteghino nazionali e che ha subito maggiori ripercussioni con la chiusura dei teatri. Si stima che con più di duemila date saltate tra attività in sede, tournée e attività con le scuole, si siano prodotti oltre 5.000.000 di euro di mancate entrate, senza considerare i danni, per il momento difficili da valutare, dell’interruzione brusca del rapporto di fiducia con il pubblico e del mancato percepimento di reddito da parte degli addetti ai lavori. Come scrivono Massimo Marino, Andrea Porcheddu e Attilio Scarpellini, nell’appello Per non diventare una terra di zombie, lanciato al ministro dei beni e delle attività culturali, Dario Franceschini, e alla Direzione generale dello spettacolo, firmato da più di mille persone:
«Chiediamo innanzitutto urgenti misure economiche di sostegno ai settori, agli enti e agli individui che operano nella cultura teatrale, in particolare nei comparti più “deboli”, quelli della prosa, della danza, del teatro di figura, del teatro ragazzi e giovani (particolarmente colpito). Chiediamo un rinforzamento strutturale del Fus, Fondo Unico dello Spettacolo, al fine di garantire non solo l’ammortamento dell’emergenza ma la serenità di poter immaginare le prossime stagioni e le prossime produzioni per il triennio. Inoltre chiediamo un adeguato, concreto, intervento economico, che sia extra-Fus, immediato e straordinario, al fine di sostenere quanti, enti o singoli artisti e lavoratori, operano nel settore spettacolo dal vivo in tutto il territorio nazionale e non solo nelle aree cosiddette di “zona rossa”, fortemente danneggiati dalla chiusura delle sale e dalla interruzione delle attività».
L’articolo intero è disponibile su http://www.scenecontemporanee.it/un-appello-teatro-non-diventare-terra-zombie/, Lo stato delle cose di Ateatro si può invece recuperare su Youtube al link https://www.youtube.com/watch?v=wd242w9YB5M. A seguire, il blocco Lo spettacolo dal vivo nello spazio della cultura contemporanea, originalmente focus delle Buone Pratiche 2020, arricchito ora dagli spunti nati dall’attuale crisi. Si è innanzitutto presentato il riassunto del progetto A che serve il teatro?, una serie di dibattiti organizzati da Ateatro e disponibili al link https://www.youtube.com/channel/UC-I3QZGsaSTSJYCTfaON9PQ, tra professionisti del mondo teatrale ed esperti di altre discipline. I confronti del 2019 hanno affrontato il rapporto tra teatro e migranti, psicologia, scienza, architettura, filosofia, comunicazione, diritto e cultura eno-gastronomica; quelli programmati per l’anno corrente, al momento in stato di blocco, riprenderanno appena possibile. Si sono poi trasmessi gli interventi del secondo gruppo di discussione, interrogato sui luoghi del teatro oggi e sugli spazi della cultura contemporanea – anche fisici, come ricorda Bertram Niessen, direttore dell’agenzia per la trasformazione culturale CheFare, e anche remoti ed eterogenei, come sottolinea Maurizio Schmidt di Farneto Teatro.
Riassume bene la posizione comune sulla necessità di continuare a fare e ad andare a teatro Matteo Bergamini, direttore della rivista d’arte contemporanea EXIBART: «Una piazza virtuale (…) non può sostituire una piazza dal vivo, partecipata. Come diceva Gino De Dominicis (…) la gente avrebbe fatto meglio a comprare abbonamenti del treno che cataloghi, perché sui cataloghi non si vedono le opere d’arte, ma le opere dei fotografi». Conclude citando l’articolo Il teatro dell’avventura dalla raccolta Francesca Alinovi (volume da lui curato insieme a Veronica Santi per Postmedia Books, 2019): «Ogni gruppo teatrale che si rispetti, oggi, è una banda di avventurieri in questo senso, disposti a perdersi tra le giungle dei media, i deserti dell’immagine, le metropoli dei suoni, le acque della memoria, senza mai citare, né rivaleggiare, ma inventando sempre, a costo di ogni rischio, la propria storia attraverso la perlustrazione sfrontata delle più inaccessibili frontiere culturali».
Terzo e penultimo blocco è il punto della situazione sul teatro ragazzi (http://www.ateatro.it/webzine/2020/04/03/bp2020-3-il-teatro-ragazzi-ai-tempi-del-coronavirus/), il settore che ha sofferto di più e per primo, data l’immediata chiusura delle scuole, e che con maggiore difficoltà potrà recuperare o continuare la programmazione, visto il blocco in vigore e le previsioni di un difficile recupero scolastico durante l’estate.
Si sono infine discussi i risultati dei tre tavoli di lavoro che negli ultimi mesi hanno ragionato su spettacolo e turismo (http://www.ateatro.it/webzine/2020/04/05/bp2020-4-spettacolo-dal-vivo-e-turismo/), squilibri territoriali e festival culturali (http://www.ateatro.it/webzine/2020/04/14/bp2020-6-i-festival/), con la presentazione degli esiti del questionario proposto agli addetti al settore e dell’esercizio progettuale “Il gioco del ri-equilibrio” (http://www.ateatro.it/webzine/2019/08/07/bp2010-il-gioco-del-ri-equilibrio-ovvero-nord-e-sud-ma-non-solo/). Un’occasione importante, insomma, per ragionare sulla crisi culturale ma anche per i possibili sbocchi creativi, umani e strutturali che si offrono in questo momento delicato in cui le problematiche, già emerse o nuove, pongono anche nuovi spunti da cui partire.
Io mi limito a concludere il resoconto con l’augurio della già citata Francesca D’Ippolito: «Si sta creando un lessico comune, che spero non sia solo figlio della paura, ma propedeutico a un nuovo modo di parlare insieme».
Elena Magnani ]]>
«Oggi, con i teatri deserti (e tribunali e parlamento in pratica chiusi, con le elezioni sospese e fortissime limitazioni alla nostra mobilità), la domanda sul senso e sulla necessità dello spettacolo dal vivo assume implicazioni ancora più articolate e complesse. Il teatro e la peste intrattengono una relazione molto stretta: almeno dai tempi di Edipo, specchiarci in quello che accade sulla scena ci consente di portare alla luce e discutere le malattie superficiali e profonde degli individui e della società. E di farlo collettivamente, in uno spazio pubblico e aperto. Quali possono essere oggi quegli spazi? A quali condizioni le scene e le piazze virtuali possono essere spazi di condivisione e di crescita personale e collettiva? In questo processo, quale deve essere la dialettica tra la scena del reale e la scena virtuale? In questa dialettica, la scena teatrale ha ancora un ruolo?».
Queste e molte altre le domande a cui si è tentato di offrire risposta nel corso delle quasi sette ore di dibattito. La lista degli ospiti è lunghissima, in rappresentanza di numerosi festival, associazioni, riviste, università, iniziative, sindacati e rappresentanze politiche. Un primo gruppo di interventi ha proposto le proprie “buone pratiche di resistenza” per reagire all’attuale crisi, raccontando Lo stato delle cose: cosa sta succedendo nel mondo del teatro, soprattutto da un punto di vista istituzionale e politico. «I danni economici e normativi che il comparto sta subendo richiedono interventi tempestivi», ha riassunto Francesca D’Ippolito di Cresco, Coordinamento della Realtà della Scena Contemporanea, che in Italia raccoglie numerose realtà teatrali indipendenti.
Preoccupante il danno economico delle programmazioni saltate e probabilmente irrecuperabili, il raggiungimento dei parametri necessari alle imprese per sopravvivere, lo scioglimento delle compagnie; preoccupante la situazione dei lavoratori dello spettacolo, in particolare quelli autonomi, intermittenti, dipendenti di piccole e medie imprese, che non hanno potuto beneficiare del CNN. Ha fornito in merito qualche dato Anita Di Marcoberardino, rappresentante di AGIS Lombardia, la regione che da sola rappresenta il 25% degli incassi al botteghino nazionali e che ha subito maggiori ripercussioni con la chiusura dei teatri. Si stima che con più di duemila date saltate tra attività in sede, tournée e attività con le scuole, si siano prodotti oltre 5.000.000 di euro di mancate entrate, senza considerare i danni, per il momento difficili da valutare, dell’interruzione brusca del rapporto di fiducia con il pubblico e del mancato percepimento di reddito da parte degli addetti ai lavori. Come scrivono Massimo Marino, Andrea Porcheddu e Attilio Scarpellini, nell’appello Per non diventare una terra di zombie, lanciato al ministro dei beni e delle attività culturali, Dario Franceschini, e alla Direzione generale dello spettacolo, firmato da più di mille persone:
«Chiediamo innanzitutto urgenti misure economiche di sostegno ai settori, agli enti e agli individui che operano nella cultura teatrale, in particolare nei comparti più “deboli”, quelli della prosa, della danza, del teatro di figura, del teatro ragazzi e giovani (particolarmente colpito). Chiediamo un rinforzamento strutturale del Fus, Fondo Unico dello Spettacolo, al fine di garantire non solo l’ammortamento dell’emergenza ma la serenità di poter immaginare le prossime stagioni e le prossime produzioni per il triennio. Inoltre chiediamo un adeguato, concreto, intervento economico, che sia extra-Fus, immediato e straordinario, al fine di sostenere quanti, enti o singoli artisti e lavoratori, operano nel settore spettacolo dal vivo in tutto il territorio nazionale e non solo nelle aree cosiddette di “zona rossa”, fortemente danneggiati dalla chiusura delle sale e dalla interruzione delle attività».
L’articolo intero è disponibile su http://www.scenecontemporanee.it/un-appello-teatro-non-diventare-terra-zombie/, Lo stato delle cose di Ateatro si può invece recuperare su Youtube al link https://www.youtube.com/watch?v=wd242w9YB5M. A seguire, il blocco Lo spettacolo dal vivo nello spazio della cultura contemporanea, originalmente focus delle Buone Pratiche 2020, arricchito ora dagli spunti nati dall’attuale crisi. Si è innanzitutto presentato il riassunto del progetto A che serve il teatro?, una serie di dibattiti organizzati da Ateatro e disponibili al link https://www.youtube.com/channel/UC-I3QZGsaSTSJYCTfaON9PQ, tra professionisti del mondo teatrale ed esperti di altre discipline. I confronti del 2019 hanno affrontato il rapporto tra teatro e migranti, psicologia, scienza, architettura, filosofia, comunicazione, diritto e cultura eno-gastronomica; quelli programmati per l’anno corrente, al momento in stato di blocco, riprenderanno appena possibile. Si sono poi trasmessi gli interventi del secondo gruppo di discussione, interrogato sui luoghi del teatro oggi e sugli spazi della cultura contemporanea – anche fisici, come ricorda Bertram Niessen, direttore dell’agenzia per la trasformazione culturale CheFare, e anche remoti ed eterogenei, come sottolinea Maurizio Schmidt di Farneto Teatro.
Riassume bene la posizione comune sulla necessità di continuare a fare e ad andare a teatro Matteo Bergamini, direttore della rivista d’arte contemporanea EXIBART: «Una piazza virtuale (…) non può sostituire una piazza dal vivo, partecipata. Come diceva Gino De Dominicis (…) la gente avrebbe fatto meglio a comprare abbonamenti del treno che cataloghi, perché sui cataloghi non si vedono le opere d’arte, ma le opere dei fotografi». Conclude citando l’articolo Il teatro dell’avventura dalla raccolta Francesca Alinovi (volume da lui curato insieme a Veronica Santi per Postmedia Books, 2019): «Ogni gruppo teatrale che si rispetti, oggi, è una banda di avventurieri in questo senso, disposti a perdersi tra le giungle dei media, i deserti dell’immagine, le metropoli dei suoni, le acque della memoria, senza mai citare, né rivaleggiare, ma inventando sempre, a costo di ogni rischio, la propria storia attraverso la perlustrazione sfrontata delle più inaccessibili frontiere culturali».
Terzo e penultimo blocco è il punto della situazione sul teatro ragazzi (http://www.ateatro.it/webzine/2020/04/03/bp2020-3-il-teatro-ragazzi-ai-tempi-del-coronavirus/), il settore che ha sofferto di più e per primo, data l’immediata chiusura delle scuole, e che con maggiore difficoltà potrà recuperare o continuare la programmazione, visto il blocco in vigore e le previsioni di un difficile recupero scolastico durante l’estate.
Si sono infine discussi i risultati dei tre tavoli di lavoro che negli ultimi mesi hanno ragionato su spettacolo e turismo (http://www.ateatro.it/webzine/2020/04/05/bp2020-4-spettacolo-dal-vivo-e-turismo/), squilibri territoriali e festival culturali (http://www.ateatro.it/webzine/2020/04/14/bp2020-6-i-festival/), con la presentazione degli esiti del questionario proposto agli addetti al settore e dell’esercizio progettuale “Il gioco del ri-equilibrio” (http://www.ateatro.it/webzine/2019/08/07/bp2010-il-gioco-del-ri-equilibrio-ovvero-nord-e-sud-ma-non-solo/). Un’occasione importante, insomma, per ragionare sulla crisi culturale ma anche per i possibili sbocchi creativi, umani e strutturali che si offrono in questo momento delicato in cui le problematiche, già emerse o nuove, pongono anche nuovi spunti da cui partire.
Io mi limito a concludere il resoconto con l’augurio della già citata Francesca D’Ippolito: «Si sta creando un lessico comune, che spero non sia solo figlio della paura, ma propedeutico a un nuovo modo di parlare insieme».
Elena Magnani ]]>
L'autore
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.