Il deficiente. Senza dimenticare il Teatro delle Ariette, finalista nel 1997, e ora tra i soci del premio, che sono stati protagonisti di una serie di incontri a loro dedicati dal centro La Soffitta. Ma vero contenitore di quello che Scenario sforna ad ogni edizione è stato Interscenario 6. Le generazioni del nuovo, rassegna che da febbraio ad aprile ha dato l’opportunità di entrare in contatto con le realtà vicine al premio, coinvolgendo il Met dei Cantieri meticci, le suddette Ariette, l’ITC di San Lazzaro, Teatri di Vita e lo stesso centro La Soffitta. Sono stati infatti ospitati altri vincitori delle passate edizioni di Scenario: Giuseppe Cutino e Sabrina Petyx (2003), Babilonia Teatri (2007) e i Fratelli Dalla Via (2013). Ospiti del teatro ITC, hanno rispettivamente presentato i loro nuovi lavori: Lingua di cane, Pedigree e Personale Politico Pentothal. Un ritorno è stato invece quello di Fa’afafine a Teatri di Vita, spettacolo di Giuliano Scarpinato vincitore di Scenario Infanzia nel 2014. Infine, la portata principale della rassegna è costituita dagli spettacoli premiati nell’ultima edizione del 2017, accompagnati da alcune menzioni speciali. Il premio per l’infanzia è stato vinto da Valentina Dal Mas con Da dove guardi il mondo?, mentre quello per Ustica da I Veryferici, di Shebab Met Project, progetto dei bolognesi Cantieri Meticci, che hanno raccolto in una struttura intervallata da canzoni le voci di chi arriva dalle periferie del mondo. Il Premio Scenario, per questa edizione, è stato invece assegnato ex aequo: a Barbara Berti, danzatrice che ha saputo cucire coreografia e parola nel suo BAU#2, e alla compagnia The Baby Walk (già ospitata a gennaio al Teatro delle Moline con un altro spettacolo) con Un Eschimese in Amazzonia, una performance dove la regista e autrice Liv Ferracchiati indaga l’indeterminazione di genere con un alternarsi tra ritmicità corale e intimità del racconto che ci riportano alle tematiche osservate in MDLSX di Silvia Calderoni e Motus. Questo lungo elenco di gruppi e spettacoli permette di identificare la cifra che il Premio Scenario ha apportato al sistema teatrale di innovazione, aprendo le porte di un circuito nel quale i giovani selezionati possano trovare un opportunità per fiorire, oltre a costruire una mappatura delle nuove realtà sparse nel paese. Certo non solo Scenario è l’unica via per un teatro giovane di fare il salto di circuito; molte realtà riescono ad emergere, penso a ErosAntEros, da tempo già inseriti nel giro di ERT, oppure al buon successo di pubblico e critica avuto da Kepler-452 quest’anno con il loro Giardino dei ciliegi. Ma a che punto è il paese nel rapporto con il “nuovo” a teatro? Nel tentativo di delineare la possibilità di una risposta faccio appello alle parole della direttrice del premio Cristina Valenti: «Leo de Berardinis ricordava costantemente che, a partite dagli anni Sessanta, si è affermata una rivoluzione teatrale che ha prodotto linguaggi e modi di fare e vivere il teatro che sono diventati patrimonio comune: una comune tradizione del nuovo. Se solo ci fosse una maggiore consapevolezza culturale e politica di ciò, forse ci sarebbe, in Italia, una scena del nuovo dotata di strutture, risorse produttive, circuiti promozionali e distributivi adeguati. Una scena del nuovo che non dovrebbe lottare per strappare spazio alle roccaforti delle vecchie istituzioni teatrali, ma potrebbe naturalmente esistere all’interno di un’offerta teatrale rappresentata da linguaggi e generazioni artistiche differenti, tutte eredi di quella quarantennale vicenda.» Sono parole che potrebbero inquadrare anche quella che è la situazione attuale, tuttavia Cristina Valenti le pronunciava nel 2008; sembrerebbe dunque che a distanza di dieci anni le istituzioni non siano state in grado di fare significativi passi in avanti. Tenendo sempre presente che “nuovo” non significa per forza “giovane”, il punto critico di un teatro che prova a emanciparsi tramite la reinvenzione dei linguaggi scenici sembra essere una cronica asperità ad affermarsi come esperienza lavorativa in toto, a essere mezzo di sussistenza; con le difficoltà che questo comporta nel reperimento di spazi e soprattutto di tempo. Insomma essere costantemente in una situazione di “emergenza”, questa volta nell’altra accezione del termine. Tutto ciò ha come conseguenza la scarsa attenzione che le nuove leve possono dedicare alla ricerca, soprattutto quella attoriale, una ricerca che ha bisogno di tempi lunghi per divenire efficace, andando in contrasto con le necessità di produzione. Ben venga quindi Scenario, che almeno prova a scassinare un poco questo sistema; con la consapevolezza che per i gruppi che passano da questa serratura il lavoro non è finito ma solo giunto al punto di una nuova maturazione in mezzo a nuove difficoltà (portare i 20 minuti presentati a uno spettacolo compiuto è già un primo scoglio da affrontare). Tuttavia dobbiamo sempre tenere in considerazione tutto ciò che invece rimane sommerso, lontano dai teatri di punta, scavare tra quelle realtà che riescono magari a sfiorare la superficie dell’acqua, ma che le circostanze politiche ed economiche impediscono di fare emergere.
Matteo Boriassi
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Redazione intermittente sulle arti sceniche contemporanee.