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#1 Come nuoti nel tuo spazio?

di Altre Velocità

Questi contributi fanno parte dello “Speciale Ipercorpo 2024”

L’anarchia dei corpi che si relazionano nello spazio. Dialogo con Michele Di Stefano

12 Settembre 2024, Forlì. Piove, l’autunno sembra essere ufficialmente iniziato, ci troviamo nel piazzale dell’EXATR per la seconda giornata del festival Ipercorpo e questa sera assisteremo, o forse è meglio dire, parteciperemo a Piscina Mirabilis, progetto curato da mk – Michele Di Stefano. Per capirne qualcosa in più ne parliamo con l’ideatore Michele Di Stefano, coccolati e riparati dal divano e dalla tettoia del bar.

Piscina Mirabilis presenta un galateo da seguire. Nei lavori della compagnia ricorrono istruzioni e regole precise indirizzate ad un gruppo di persone o a un singolo performer, come in Sub, del 2015. Da dove nasce questo interesse, questo invito ad una responsabilità reciproca?

Io ho studiato danza sui testi e le parole sono il mezzo di comunicazione fra me e i performer quando creiamo. Ci avvaliamo di  istruzioni sia per il lavoro coreografico degli spettacoli sia per situazioni come quella di Piscina Mirabilis, che non è uno spettacolo, un prodotto, ma un ambiente, un’atmosfera. Dare delle coordinate attraverso il linguaggio sottrae la dimensione dell’ispirazione e utilizziamo questo  espediente per creare situazioni neutre e semplici, uguali per tutte e per tutti. Nel caso di Piscina, chiediamo alle persone di entrare in gioco dal vivo, quindi queste indicazioni diventano anche un modo per rassicurarle sulla non necessità di produrre un risultato dettato dalla propria ispirazione. Ciò che ci interessa è solo l’intelligenza del corpo e la sua relazione con l’esterno. Per comprendere Piscina, non la si può guardare da fuori, ma bisogna entrarci ed esserne parte attiva. Ci difendiamo, infatti, dalla predazione dello sguardo esterno vietando foto e video. La neutralità permette ai soggetti in campo di collegarsi l’un l’altro. In questa direzione, penso anche ad un lavoro che abbiamo realizzato, direttamente ispirato a un romanzo di Raymond  Roussell intitolato Impression d’Afrique, introdotto dall’autore esplicitando una serie di regole, concatenazioni e assonanze di suoni attraverso cui costruire un libro. Questo gioco fa emergere delle dimensioni collettive nuove, e in particolare i corpi sintonizzati su un unico paesaggio riescono a produrre complessità e ricchezza. 

Perché questo titolo?

Tendo a connotare geograficamente i titoli degli spettacoli anche per avvolgerli con del mistero e Piscina Mirabilis è un luogo che si trova in Campania, un sito archeologico. Ho pensato al concetto di  piscina, come un evento ricorrente e come una risorsa disponibile nella propria quotidianità, dove però una persona non va a fare le vasche o a nuotare, ma per sentire il proprio corpo, accettando di sentirlo insieme agli altri. L’aggettivo “mirabilis”, invece, è un gioco e un controsenso perché non c’è niente da guardare.

Pensi che la tua arte possa agire sulla dimensione intima delle persone o che possa avere anche ripercussioni a livello politico? 

La danza in generale può essere considerata politica, perché il movimento non si configura solo come un’articolazione osseo muscolare, anatomica, ma come qualcosa che sottende una cascata di informazioni e permeabilità, di relazioni che comprendono anche quella pressione politica esercitata sui corpi e sui loro perimetri attraverso le quali si genera la stessa condizione di collettività che ci permette di convivere, di coabitare. Nell’affollamento generalizzato che viviamo, che ci insegnano essere  pericoloso, questa consapevolezza può avere una qualità sovversiva. Ad esempio, per norme implicite  la permeabilità dei corpi al contatto umano è limitata dal potere ad alcuni contesti, e durante la pandemia  è stata ulteriormente limitata per motivi igienici.

L’obiettivo di Piscina Mirabilis è farsi guidare non più da un afflato interno, ma perdersi completamente nell’altro, nella situazione e iniziare a costruire il corpo in senso strutturale e posturale come concepito da Jean-Luc Nancy, che descrive il corpo come quella cosa che si forma perché è accanto ad altri corpi. Tutti i nostri atteggiamenti non dipendono solo da una questione interna ma anche da quella esterna. In Piscina Mirabilis non ci sono spettatori e quindi se il movimento non ha delle conseguenze, se non serve a niente, esso piano piano si assesta su una linea di rifrangenza con quello degli altri corpi, in cui il soggetto lascia andare qualcosa di sé e della propria sapienza, per misurarsi con il pensiero del corpo insieme ad altre persone. In tutte le piscine fatte finora, accadono uno o due momenti perfetti, in cui tutto si allinea: per poco, perché si procede costantemente nella crisi. Un tentativo come questo ci porta a sperimentare una relazione con persone che hanno un’altra progettualità in testa, un altro vissuto, senza gerarchie, lasciando i corpi liberi di fare ciò che vogliono.

Piscina Mirabilis sfugge ad ogni definizione: non è un laboratorio, non è uno spettacolo, ma qualcosa ancora in divenire. Non è stato facile farsi comprendere dalle istituzioni: fare in modo che l’attività di una compagnia possa essere non solo un prodotto di cui fruire è uno degli obiettivi che non solo io, ma molti stanno portando avanti per cambiare la prospettiva e la percezione delle cose.

a cura di Debora Meluzzi, Petra Cosentino

Odissea corpi nello spazio

Che cosa sia Piscina Mirabilis è ben spiegato ancora prima di parteciparvi. Sul sito del gruppo MK si trovano tutte le indicazioni necessarie: «prima dello spettacolo, prima delle prove, del laboratorio, dell’allenamento, del riscaldamento: il corpo». “Corpo” è la parola chiave di questo lavoro e il focus sul quale si riconduce l’attenzione di ogni partecipante. Prima di cominciare vengono chiarite da Michele Di Stefano, coreografo, performer e e fondatore della compagnia MK, le condizioni necessarie per partire – il “galateo” come recita la sinossi. All’interno di uno dei locali di EXATR, un grande ex deposito delle corriere costruito nel 1935 a Forlì e che oggi ospita il festival Ipercorpo, ad attendere i corpi degli spettatori c’è un’atmosfera intima, buia. Troviamo una grande moquette, calpestabile ma senza scarpe, un banchetto con alcune vivande per rifocillarsi durante l’esperienza e della musica live che invita i corpi a muoversi in tutto lo spazio disponibile. Guardare senza partecipare non si può. Ognuno è chiamato a prendere parte a quel che accade. Di quel che avviene su questa superficie è difficile scrivere, raccontare – e non a caso Michele Di Stefano definisce Piscina Mirabilis un’esperienza e come tale, dunque, per essere compresa può essere solo esperita. Quel che si può riferire è che i corpi sono gli assoluti protagonisti: corpi senza più persone. Durante tutta la durata dell’evento non ci sono né uomini né donne: solo corpi; non ci sono giovani o anziani ma, appunto, corpi. Ogni tipo di differenza pare essere annullata e l’unica cosa che resta è la possibilità o capacità che ognuno ha di muoversi per incontrare l’altro. Cosa accade quando qualcuno ci gravita attorno ed entra nel nostro perimetro personale o quando ci sfiora una mano o una spalla? Come viviamo il nostro spazio? Questi sono alcuni degli interrogativi che scaturiscono alla fine dell’esperienza. Per cercare di raccontarla all’uscita abbiamo chiesto ad alcuni dei partecipanti di descriverci che cosa avessero provato. Queste sono alcune delle voci che abbiamo raccolto.

L’azione può durare dalle due alle tre ore e si svolge interamente su un’unica superficie. Fuori da questa non è possibile sostare né per riposarsi né per guardare e chiunque necessiti di una pausa è invitato a uscire dalla stanza. In questo grande spazio e grande tempo nasce la necessità di riempire. Riempire il luogo e questo momento collettivo. Ma, forse e prima di tutto, ciò che devono essere riempiti o svuotati sono anche i corpi di coloro che partecipano. Al termine abbiamo anche chiesto ad ad altre persone come avessero riempito o svuotato i lori corpi. Ecco le loro risposte.

Allestendo questa situazione Michele Di Stefano lancia l’invito a prendere parte con più frequenza a momenti come questi – proprio come si frequenta o abita una palestra o una piscina. Il progetto, concepito nel 2020 all’interno di Oceano Indiano negli spazi del Teatro India di Roma con l’idea di essere una proposta stabile nel tempo, inizialmente subisce un arresto a causa del Covid. Ma è proprio grazie a un’esperienza come quella pandemica che un lavoro come questo, probabilmente, acquisisce ancora più urgenza e significato. E così nel 2023 Piscina Mirabilis riprende avvio grazie al sostegno di Triennale Milano e debutta negli spazi del Salone d’Onore per tre serate, coinvolgendo altrettanti artisti e musicisti, per poi essere riproposto negli spazi di Villa Torlonia a Roma, a Prato all’interno del Centro per l’arte contemporanea Pecci e a Forlì.

a cura di Federico Lombardi

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